il piccolo Matteo inventore di "petaloso"
“Sì sono io l’inventore della parola petaloso!”. Che effetto fa sentirsi un inventore di parole? Bisognerebbe chiederglielo a Matteo T., il bambino che ha coniato “per errore” (ma si può dire davvero così?) il neologismo “petaloso” che nei giorni scorsi ha meritato l’approvazione nientemeno che dell’Accademia della Crusca, massimo autorità in materia di lingua italiana.
La notizia ha del clamor-oso? Un po’ sì se si pensa al modo in cui il neologismo è stato partorito. Tutto è nato in una classe della scuola elementare “Marchesi” di Copparo (Ferrara), quando la maestra ha chiesto agli alunni di descrivere un fiore. Il nostro Matteo ha scelto di parlare della margherita. Che poi, per gioco del caso, è lo stesso nome della maestra. Per descrivere il suo fiore preferito il ragazzo ha usato quella che prima d’allora era una non-parola, nel senso che non esisteva in alcun vocabolario d’italiano. E gli è venuto di scrivere “petaloso” per indicare l’abbondanza di petali. Un aggettivo col fortunato suffisso in –oso, ancora inesistente ma che qualcuno doveva prima o poi far nascere perché troppo dolce e musicale per tenerlo nel limbo delle non-parole. Grandi-oso! Altro che la contorta pronuncia dell’anglicismo “stepchild”, che poi altro non significa che “figliastro”. Chissà se col termine in italiano sarebbe cambiato il destino dell’articolo 5 della legge Cirinnà. Tendenzi-oso?
Comunque la brava insegnante, che avrebbe potuto cassare l’aggettivo-fantasma come un errore e basta, invece di sottolinearlo con la matita blu, ha avuto la felice idea di incoraggiare la creatività del suo allievo fantasi-oso. Ha deciso di sottoporre l’invenzione di Matteo all’”ufficio brevetti” della lingua italiana: l’Accademia della Crusca. Azzard-oso? (esiste, eh). Evidentemente no, se l’Istituto in breve s’è premurato di rispondere che la parola ”bella e chiara” ha tutte le carte in regola per entrare nel vocabolario degli italiani. E, come il finale di una fiaba, la notizia e il nuovo aggettivo, grazie ai social network, in pochi giorni hanno viralizzato la rete. Favol-oso!
Che insegna questa storia? Che se metti insieme la fantasia magari poco ortodossa di uno studente e l’intelligenza capace di uscire dagli schemi di un insegnante si possono fare magie. Che bello sarebbe se un giorno in un vocabolario fosse indicato il nome dell’inventore di quel lemma. Se lo meriterebbe. Perché anche una parola migliora la vita. Sarebbe davvero meravigli-oso.
La storia dimostra anche qualcos’altro: che le strade percorse da un neologismo per diventare parola d’uso sono le più svariate e contorte. A volte lungamente sotterranee, a volte rapide scorciatoie. Lo insegnano i grandi inventori di “parole” della nostra lingua, dal “sommo” Dante Alighieri al giornalista Gianni Brera, passando per quel grande divulgatore di neologismi che fu Cesare Lombroso, il medico antropologo considerato uno dei padri della criminologia.
Qualcuno ha voluto precisare che il termine, in effetti, esisteva già, almeno in inglese (“petalous”). Forse è un po’ ingener-oso. L’invenzione in italiano resta tutta, caro Matteo.
Intanto l’azienda leader nella distribuzione di fiori a domicilio ha messo nel listino il mazzo “Petaloso”: un bouquet di rose, gerbere tulipani e margherite. Il prezzo? Per qualcuno vantaggi-oso per altri cost-oso.
D’altra parte chi ricorda quella pubblicità per il lancio della “Fiat Uno” agli inizi degli anni Ottanta? “L’auto comodosa, risparmiosa, scattosa, sciccosa”. Lo slogan ebbe enorme successo e la Uno nel 1984, forse non solo per lo spot, fu decretata “auto dell’anno”. Niente da dire: il creativo che coniò gli aggettivi era davvero immagin-oso.
Per non dire dell’aggettivo (non omologato, però) più lungo della lingua italiana che è, guarda caso una parola magica inventata dalla fantasia di Disney che termina in –oso e che recita, anzi canta: “Supercalifragilistichespiralid-oso”. Ora che m’accorgo: per scherzo della lingua, anche Lombroso fa rima con Petaloso. Davvero curioso, no?