Attesa con ansia dai ragazzi, vissuta talvolta
con un po’ di preoccupazione dai genitori, la
gita scolastica è un appuntamento quasi fisso
all’interno dell’anno scolastico, in particolare
nei mesi primaverili. Si va dalla semplice
uscita di un giorno, dalle mete che rendono
necessario il pernottamento fino a soggiorni
di una settimana. Settimane bianche,
trekking, città d’arte, capitali europee: si parte carichi di
aspettativa e si torna sempre più arricchiti culturalmente
e umanamente. Anche se non mancano le situazioni
critiche e gli episodi estremi alla ribalta della cronaca che
periodicamente riaprono il dibattito sull’opportunità o
meno di continuare a portare avanti questa tradizione.
«Come genitori, ovviamente, nel momento in cui si affida un figlio ad altri, l’ansia che possa verificarsi qualche
incidente c’è», racconta Anna, madre di quattro figli. «Finché
non tornano si tengono le dita incrociate, però a mio
parere è giusto così, si impara a “lasciarli andare”. Mia figlia
Irene in terza media è andata in settimana bianca sulle
montagne bergamasche: lei che aveva sempre detestato
lo sci, è tornata dicendo che sciare è bellissimo. La scuola si
è affidata a un’associazione con cui collabora da tempo che
propone pacchetti speciali per le scolaresche, a prezzi contenuti.
Addirittura conserva, negli anni, indumenti da sci
che presta ai ragazzi sprovvisti in modo che nessuno abbia
la necessità di spendere soldi appositamente, mentre l’attrezzatura
viene noleggiata sul posto».
«A dir la verità io sono una mamma un po’ sconsiderata
sulle gite», confessa Federica, tre figli. «Sono poco
apprensiva, non mi interesso granché di tutti i dettagli
organizzativi. Lo scorso anno mio figlio maggiore in
terza media è andato da Roma tre
giorni a Expo: una gita un po’ faticosa
perché alloggiavano a più di un’ora
di pullman da Milano e quindi hanno
viaggiato molto, e questo ha fatto
preoccupare i genitori. Quest’anno in
prima liceo sono andati in Sicilia per
cinque giorni, in aereo; l’impressione
è che la gita abbia fatto da collante
in classe, aiutandoli a unirsi di più
come gruppo. Abbiamo pagato 365
euro, e mi rendo conto che per una famiglia
non è affatto poco. Sembrava a
un certo punto che dovessero andare
in settimana bianca: io in quel caso
non l’avrei mandato, sia perché oltre
alla spesa ci sarebbe stato da acquistare
altro materiale, sia perché non credo ci
sia molto di didattico in una gita così».
«Io un po’ di apprensione per il
pullman ce l’ho sempre, ma non si
può vivere rinchiusi e soprattutto le
esperienze extrascolastiche di classe
sono fondamentali e le ricordo
io stessa come i più bei momenti
della mia vita di alunna. È capitato
in passato che ci accordassimo come
genitori per coprire la quota di ragazzi
che non erano in grado di pagare.
Ma mi sono accorta che, soprattutto a
partire dalle medie, le persone si vergognano
e mascherano dietro altre
giustificazioni questa loro difficoltà».
«In effetti in classe di mia figlia,
ultimo anno dello scientifico», afferma
Francesca, «due ragazzi non sono
andati per motivi economici. Il costo
della gita a Cracovia e Auschwitz si
aggirava sui 500 euro, ma in generale
a costo di sacrifici e rinunce quasi
tutti fanno in modo di mandare i figli.
Poiché andavano in aereo ero tranquilla,
mentre lo scorso anno che erano andati
in pullman a Parigi un po’ di preoccupazione
c’era. La mia impressione è
che i ragazzi oggi siano più liberi e abituati
a muoversi, vedano meno la gita
come l’occasione per sfogarsi e siano in
generale più tranquilli di un tempo».
La questione economica può talvolta
rivelarsi alquanto spinosa come
ci racconta Chiara, mamma di tre figli:
«Quando mio figlio era in terza media
ho boicottato la gita di classe con
un’iniziativa impopolare ma a mio
parere giusta. La proposta era di andare
4 giorni a Barcellona a 400 euro. C’erano
alcune famiglie che non potevano
permetterselo ma che avevano difficoltà ad ammetterlo e io mi sono fatta
loro portavoce a un’assemblea di classe.
La gita è saltata e non ne è stata organizzata
nessun altra. Ma i ragazzi si
sono organizzati per stare in campagna
tutti insieme a casa di una compagna.
Giochi e piscina e gran divertimento.
Anche senza il viaggio di istruzione».
Qualcosa di simile è accaduto nella
classe di Antonio, ultimo anno del
liceo classico. «Nessun professore voleva
accompagnarci. Allora, in accordo
con la preside, abbiamo organizzato
noi ragazzi, tutti maggiorenni, una
gita a Roma, viaggio in treno e un appartamento
in affitto».