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martedì 15 ottobre 2024
 
8 marzo
 

Quando la donna sale comunque in vetta

08/03/2017  Nel mondo della montagna sono di gran lunga cresciute la presenza e l'importanza delle donne. Lo certifica il Cai. Le iscritte al Club Alpino Italiano sono ormai al 35 per cento e la direttrice generale da sette anni è una donna. Un modello di emancipazione?

Nives Meroi
Nives Meroi

Donne in vetta. Sì, e senza neanche troppi doppi sensi. Hanno ragione da vendere le donne che, quest’anno hanno trasformato l’8 marzo in occasione di protesta, più che di festa. Ma c’ è un piccolo settore dove la presenza e il ruolo del “femminile” in questi anni è cresciuta in fretta e questo è il mondo della montagna.

A segnalarcelo è il Cai, il glorioso Club Alpino Italiano, l’associazione più antica del nostro Paese, nato nel lontanissimo 1863, quando Quintino Sella, salendo sul Monviso con un gruppo d’amici, s’immaginò una società alpinistica nazionale che unisse le Alpi all’Etna. Allora i soci fondatori portavano rigorosamente tutti i pantaloni (magari alla zuava) e folte barbe. Solo ai primi del 1900 furono ammesse le prime donne nel Club, ben prima, comunque,  che in altre associazioni e in anticipo sui tempi, rispetto alla società civile. Oggi la rappresentanza “rosa” del Cai è vasta e consolidata E’ donna oltre un terzo degli iscritti al Cai: 110.127 su un totale di 311.134 soci (dato aggiornato al 31 dicembre 2016). Dunque il 35% del totale.  Le regioni con più socie, in termini assoluti, sono Lombardia con 28.868 su un totale di 85.982 iscritti (34% del totale), Veneto con 18.376 su 51.865 (35%) e Piemonte con 18.094 su 50.199 (36%).
Le regioni con più Socie in termini percentuali sul totale sono Campania (sono donne il 44% degli iscritti), Sardegna (42%), Alto Adige e Umbria (in entrambe il 41%).
Da molti anni, poi, il direttore generale del Club porta le gonne. Si chiama Andreina Maggiore, che  ricopre  questa posizione dal 2010.  A dire il vero lei ama di più portare i pantaloni e l’abito sportivo. E non gradisce farsi chiamare “direttrice”. “Mi ricorda troppo quelle dei collegi scolastici”, ironizza. Milanese doc, 55 anni, sposata, con l’hobby dei viaggi e della fotografia, ha iniziato a  lavorare al Cai di Milano nel 1980. S’è iscritta al Club due anni dopo, assieme al marito, per frequentare  un corso di scialpinismo, la sua vera passione. “Il Cai è anche un’ottima agenzia matrimoniale: sa quanti amici conosco che si sono conosciuti ai corsi e poi si sono fidanzati?”, dice  sorridendo.  Galeotto fu il rifugio, insomma.

“L’importante e crescente presenza femminile all’interno del Club alpino italiano rappresenta quel valore aggiunto che rende la nostra Associazione sempre più aperta al confronto e alla reciproca valorizzazione”, osserva il presidente del Cai, Vincenzo Torti.  
 

Forse c’è voluto più tempo nel mondo degli alpinisti, invece,  per l’ingresso di donne scalatrici. Vere e proprie pioniere della scalata furono  Alessandra Boarelli, Irene Pigatti, Mary Varale, per arrivare poi a Silvia Metzeltin e Teresina Airoldi. Oggi, tuttavia, la musica è cambiata:  ormai tra gli scalatori più noti in Italia e nel mondo c’è, ad esempio, una certa Nives Meroi, tenace bergamasca di Bonate di Sotto, straordinaria figura di atleta, donna e moglie,  che ha già conquistato 13 dei 14 Ottomila, senza l’aiuto di ossigeno, né di sherpa.  E scusate se è poco.   

Amava dire Silvia Metzeltin:“Mi disturbano le proposte di parlare di alpinismo femminile, perché provengono dal mondo maschile e perché alle donne stesse interessa ben poco”. Loro arrampicano. E ciò basta e avanza.



 

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