Bombolette, colori, costumi da lupi e da agnelli: anche così si racconta il sogno di don Bosco. Il 31 gennaio, festa liturgica del “santo dei giovani”, è da sempre un giorno speciale per la famiglia salesiana, celebrato con gioia negli oratori, nelle scuole e nelle case d’accoglienza in tutto il mondo. Quest’anno, a Valdocco, nel cuore di Torino (proprio là dove don Bosco ha iniziato la sua opera) alcuni ragazzi hanno voluto celebrare la ricorrenza con un linguaggio molto contemporaneo: la street art, cioè quella forma d’arte umile ma profonda che colora muri e spazi urbani. Bombolette in mano, 25 giovani (studenti del primo anno del liceo linguistico Maria Ausiliatrice e ragazzi dell’oratorio Agnelli) hanno tracciato su pannelli di cartone alcune scritte. Una, in particolare, è stata esposta sulla cancellata della basilica di Maria Ausiliatrice, in modo che chi entrava in chiesa per le celebrazioni liturgiche potesse vederla. Poche parole, ma essenziali: “Io do la mia vita”. Ecco il nucleo dell’esperienza umana di don Bosco e, più in generale, una definizione di santità.
Il rapporto dei salesiani con la street art non inizia oggi. Da anni è in corso un lavoro su questa forma espressiva. A settembre 2018, i responsabili della casa madre di Valdocco hanno deciso di coinvolgere il brindisino Andrea Sergio, meglio noto come Wany, un writer (in italiano “graffitista”, ma il termine è riduttivo) di fama internazionale. Gli hanno chiesto di illustrare, a modo suo, la vita di don Bosco. Ne è nato un piccolo capolavoro: un’opera in apparenza semplice (ma in realtà molto simbolica ed evocativa) che colora uno dei muri esterni dell’oratorio. «Per la prossima estate abbiamo in programma di coinvolgere diversi writer per una serie di laboratori con i ragazzi» spiega don Gianmarco Pernice, parroco e direttore dell’oratorio Agnelli. «Quello di oggi non è che un primo passo».
Ma don Bosco che ne direbbe della street art? Probabilmente apprezzerebbe. «La sua raccomandazione è sempre stata: “amate ciò che amano i giovani”. Quindi i linguaggi devono essere quelli dei ragazzi» fa notare don Enrico Lupano, uno dei referenti dell’accoglienza a Valdocco. «E poi, non dimentichiamolo, don Bosco ha iniziato in strada la sua attività. Anche per questo l’arte di strada ci affascina e ci coinvolge».
Durante l’attività, alcuni dei ragazzi coinvolti hanno indossato dei costumi da lupi e da agnelli. «Un modo per ricordare, con leggerezza e un pizzico di ironia, il sogno che don Bosco fece a 9 anni e che indirizzò tutta la sua vocazione. Il sogno, appunto, di trasformare i lupi in agnelli» spiega ancora don Pernice. In mezzo ai ragazzi, travestiti da animali, svettava un giovanissimo don Bosco, con gli abiti da sacerdote dell’800. Si chiama Luca, ha 22 anni, e ha scelto di svolgere il servizio civile all’oratorio Agnelli: «Ho iniziato da pochi giorni, ma posso già dire che è una bella esperienza. Frequento l’oratorio da una decina d’anni e lì ho sempre trovato figure di riferimento. Ora è tempo di restituire ai più giovani qualcosa di ciò che ho ricevuto».