Caro dottore, ancora una volta ho capito che le vite degli altri ci insegnano a vivere. In occasione della Giornata internazionale della disabilità, ho avuto la fortuna di partecipare alla presentazione di un libro piccolo e prezioso in cui Tania, una ragazza con la sindrome di Williams (una rara forma di patologia), ha descritto la sua vita, fino a oggi che ha 35 anni. È stata aiutata in questo da un’insegnante di Lettere in pensione, che ha realizzato insieme a lei un laboratorio di scrittura creativa.
Tania raccontava, la prof prendeva appunti, poi insieme rielaboravano i contenuti e li stendevano. In quella sera dei primi di dicembre, l’insegnante e Tania hanno presentato a un folto pubblico il risultato delle loro fatiche. È stato bello sentire i suoi ricordi, dai primi anni di vita alle esperienze scolastiche, a quelle amorose e lavorative, fino all’incontro con l’associazione Anffas dove ora Tania è impegnata. Abbiamo conosciuto le fatiche e le gioie, ma soprattutto la determinazione di questa ragazza, che ha realizzato il desiderio di scrivere un’autobiografia e ha tanti progetti. Ora vive da sola, svolge le sue attività, valorizza la sua femminilità, vuole sposarsi, sapendo che non potrà mai avere figli... Un bell’insegnamento per tanti ragazzi, giovani come lei, sfiduciati e delusi. FULVIO
— Caro Fulvio, non è retorica: ascoltare in profondità le vite delle persone alimenta la capacità di conoscere noi stessi, riconoscendoci in loro o accogliendo i loro stimoli. Ogni persona che incrociamo, anche quella più lontana da noi per esperienza o stile di vita, può dare luogo a un incontro autentico, in cui rivediamo il nostro metro di misura delle cose e ci accorgiamo che possiamo uscire dai nostri schemi irrigiditi e guardare quello che accade con occhi nuovi. Soprattutto se la persona che incontriamo ha dovuto affrontare ostacoli e limitazioni che non ci appartengono, che apparentemente sembrano ridurre le opportunità della vita, ma in realtà le ampliano. È nelle avversità che emerge il nostro carattere, che si sperimentano i valori in cui crediamo, che costruiamo il nostro equilibrio. Che capiamo quanto dolore può stare nella mente delle persone, ma anche quanta speranza. I ragazzi hanno bisogno di narrazioni di vita: lo vediamo da quanto ascoltano con attenzione le parole non banali di alcuni rapper o seguono le storie complesse di certe serie tv. Tanto più sono attenti quando queste storie di vita vengono da persone vere, che raccontano con semplicità e sincerità, animate non dalla pretesa di insegnare alcunché, ma dal desiderio di mettersi a confronto con le vite degli altri. Questa possibilità di dialogo, per un credente, è il segno dell’immagine di Dio che abita in ogni donna e in ogni uomo. Per chi non lo è, è il segnale distintivo della comune umanità a cui tutti apparteniamo. Buon anno a tutti i lettori!