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mercoledì 18 settembre 2024
 
 

Quando si è costretti a bere l'amaro calice

24/06/2013 

Chi è stato costretto, chi lo fa fatto spontaneamente, chi non lo ha fatto proprio. Le dimissioni non sono un costume diffuso per i politici coinvolti in qualche scandalo vero o presunto. Tanto che quando all’estero qualche ministro o deputato lascia la poltrona per aver copiato un pezzo di tesi di laurea o aver detto una bugia, restiamo quasi increduli. Negli ultimi sette anni  anche in Italia abbiamo avuto la nostra dose di politici costretti a ritirarsi dal proprio ruolo se non dalla politica.
Una stagione inaugurata nel 2006 da Francesco Storace, allora ministro della Salute, in seguito allo scandalo "Laziogate": l’accusa era di attività di spionaggio (entrando illegalmente nella banca dati dell’anagrafe del comune di Roma) per danneggiare durante la campagna elettorale per le regionali il movimento Alternativa sociale guidato da Alessandra Mussolini. Storace è stato assolto sei anni dopo in appello. La Regione Lazio ha visto altre dimissioni: nel 2009 quelle del governatore Piero Marrazzo, uscito dalla vita politica, sul quale non pesava alcuna indagine ma indiscrezioni sul ricatto da parte di quattro carabinieri per un video che lo ritraeva con una trans (nel 2012 i quattro carabinieri e la trans sono stati rinviati a giudizio). Vicenda di tutt’altra natura quella che ha costretto alle dimissioni Renata Polverini, presidente della Regione Lazio, nel 2012: dopo lo scandalo Fiorito e i lauti fondi elargiti ai consiglieri regionali e spesi non per attività politica ma per fini personali.

Il sexgate intacca la carriera ad altri due politici: nel 2007 il deputato dell’Udc Cosimo Mele si dimette dal partito (ma non da parlamentare) dopo che la escort Francesca Zenobi viene ricoverata in ospedale per un malore. Più romantico, invece, ma con conseguenze maggiori il caso del sindaco di Bologna Flavio Delbono che, nel 2008, è costretto alle dimissioni per aver usato voli di stato quando era vicepresidente della Regione Emilia Romagna per fare le vacanze con la fidanzata e segretaria Cinzia. Per il "Cinziagate" è stato condannato per abuso d’ufficio.
Nello stesso anno si dimette Clemente Mastella, guardasigilli del Governo Prodi (che  cade poco dopo) iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di concussione nei confronti di Bassolino (ma i reati contestati erano di più, da concorso esterno in associazione a delinquere ad abuso d’ufficio) per assicurare la nomina a commissario dell’Asi di Benevento di una persona di fiducia dell’allora ministro. Un altro ministro è costretto alle dimissioni: Claudio Scajola, titolare del ministero allo Sviluppo economico durante il Governo Berlusconi nel 2010. Qualcuno ha emesso assegni per comprargli un appartamento davanti al Colosseo, ma il ministro nega e sostiene di aver pagato la casa 600mila euro, così come scritto nel contratto. A gennaio scorso il Gip ha archiviato le accuse. Sempre per una casa erano state chieste anche altre dimissioni, quelle di Gianfranco Fini: a suo cognato Giancarlo Tulliani era stato venduto a poco prezzo (300mila euro) un immobile ereditato da An a Montecarlo. Sulla vicenda era stata anche avviata un’inchiesta (poi archiviata) e Fini non ha mai lasciato la presidenza della Camera.

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