Cara Prof, ciclicamente e in particolare con l’avvicinarsi delle vacanze natalizie, pasquali o estive che siano, iniziano le lamentele dei genitori sui compiti a casa e sullo stress che portano ai bambini e di conseguenza alle famiglie. Ho avuto tre figli e, nonostante anche loro avessero da studiare a casa e tanti compiti, hanno finito la scuola senza grandi traumi. Non le sembra quindi che tutte queste discussioni siano un po’ esagerate?
ADRIANA
Cara Adriana, come tu segnali, in queste ultime settimane si è alzato un coro di proteste da parte di genitori, e non solo, che lamenta una quantità eccessiva di compiti a casa per i propri figli. Così leggiamo le lamentele della mamma tiktoker che inveisce contro i professori e la mole di studio casalingo che assegnano, ma anche dell’intervento della vicesindaca di Rimini che chiede una scuola più lenta e meno stressante per i bambini. Che fare dunque?
Plutarco scriveva che la mente non è un vaso da riempire ma un fuoco da accendere. Ma per accendere questo fuoco e tenerlo sempre vivo non basta una sola scintilla ma legna che lo alimenti con costanza. È forse con questa idea di non far mai spegnere il fuoco che noi insegnanti riteniamo utile lo studio e un costante lavoro di studio a casa.
Cercando nella legge un appiglio che ci giustifichi in questa richiesta, lo troviamo in una circolare emanata nel lontano 1964 in cui si legge: «Alla formazione culturale dell’alunno concorrono sia l’azione didattica, attuata nella più viva collaborazione tra docenti e discenti, sia il ripensamento individuale realizzato con lavoro personale dell’alunno a casa».
Val la pena quindi soffermarsi e riflettere sul concetto di ripensamento personale, ma anche sullo spazio sia fisico che temporale da dedicare a tale esercizio, tenendo conto in primo luogo degli enormi cambiamenti che la società e la scuola hanno visto in questi sessant’anni.
Se pensiamo alla scuola elementare e all’introduzione del tempo pieno, dovrebbe essere normale che in virtù di tale “pienezza” l’attività di ripensamento, rielaborazione, esercitazione si svolgesse nelle ore di attività scolastica evitando così i fatidici compiti a casa.
Un discorso diverso va fatto per le scuole superiori, dove può diventare importante il processo di rielaborazione e acquisizione di tecniche e contenuti propri della disciplina. Ma anche in questo caso va usato il buon senso, tenendo conto di tutte le variabili che ogni indirizzo di scuola presenta.
Là dove si hanno più di 30 ore settimanali di lezione, come negli istituti tecnici, professionali o licei artistici, lo studio pomeridiano andrebbe calibrato con attenzione e programmazione tra i vari docenti in modo da evitare inutili se non dannosi sovraccarichi.
Se sono quindi d’accordo con te, Adriana, che non vanno fatti drammi, ritengo che forse anche la ritualità dei compiti andrebbe ripensata e riformata alla luce di una società che cambia sempre più rapidamente e forse chiede altro per tenere acceso il fuoco del sapere