«Penso che il giornalista sia soprattutto un cronista. Anche da editore ho sempre guardato con sospetto chi voleva subito scrivere romanzi». Don Giuseppe Costa, salesiano, co–portavoce della Congregazione del suo ordine e il cui nome è indissolubilmente legato agli anni in cui ha diretto la Lev, lancia un monito alle nuove generazioni. Con la sua ultima pubblicazione, Girovagando tra cronache ed eventi. Quarant’anni di giornalismo (nemapress edizioni, pp. 296, euro 22), consegna ai lettori non solo una «selezione significativa della mia attività giornalistica e della mia vita», come lui stesso definisce la sua opera, ma anche uno spaccato della società e della cultura degli ultimi quattro decenni. E una idea, quella che «il giornalista di ogni giorno non è l’uomo dello spettacolo e dell’immagine, ma quello di una professione da costruire con buoni studi e altrettanta pratica».
Quelli che hanno sorretto il lavoro pastorale e professionale di don Costa sin dai tempi in cui ha cominciato a studiare dai salesiani. Le sei sezioni in cui è diviso il testo, Don Bosco, Corrispondenze americane, Viaggi, Giovani, Sicilia e Mass media ripercorrono anche le tappe di formazione del salesiano, dalla sua specializzazione in teologia pastorale giovanile agli anni in cui studia giornalismo a Milwaukee , negli Usa, fino agli anni recenti. Un bagaglio di esperienze che, attraverso le cronache, vengono tramandate ai giornalisti di domani. Dalle piccole notizie del bollettino salesiano alle grandi questioni dei nativi americani e delle conseguenze dell’attentato alle Torri gemelli, all’analisi di come l’audience soffoca la qualità dei prodotti ai racconti delle miserie del continente africano, alle interviste agli allora responsabili giovanili dei principali partiti italiani, don Costa spiega, con l’esempio della sua scrittura, come arrivare davvero al cuore degli eventi per spiegarli al pubblico. Un’attenzione particolare alla sua Sicilia per la quale «ho accentuato alcune iniziative culturali che, messe insieme, danno un’idea di una regione diversa dal solito cliché legato alla mafia», racconta l’autore.
I giornali per cui le cronache furono scritte, oltre al bollettino salesiano, erano quotidiani di politica o di opinioni, dal Popolo all’Osservatore romano, allo stesso Avvenire. Un piccolo compendio che «accentua l’apestto pedagogico dei media e del giornalismo». Non poteva essere altrimenti per un salesiano che, come conclude lui stesso, ha «sempre visto il giornalismo come uno strumento di crescita per il mondo giovanile».