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venerdì 25 aprile 2025
 
Mercoledì delle ceneri
 

Quaresima, un cammino di ritorno

17/02/2021  Il primo passo è quello della confessione. Per tornare al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo sapendosi salvati, perdonati, amati. Il Papa, nel rito delle ceneri, ricorda che ci si inchina per ricevere la polvere perché «la salvezza non è una scalata per la gloria, ma un abbassamento per amore».

Ritorno al Padre, ritorno al Figlio, ritorno alla Spirito Santo. Il tempo di Quaresima, dice il Papa durante la messa con il rito di benedizione e imposizione delle ceneri, è «un viaggio di ritorno» da fare con tutto il cuore, senza rimandare.  Siamo indaffarati o indifferenti, diciamo a Dio: «Oggi non posso, ma domani comincerò a pregare e a fare qualcosa per gli altri». Ma, un giorno dopo l’altro, rimandiamo sempre. «Ora Dio fa appello al nostro cuore. Nella vita avremo sempre cose da fare e avremo scuse da presentare, ma, fratelli e sorelli, oggi è tempo di ritornare a Dio», sottolinea il Papa commentando la lettera ai Galati. «La Quaresima», spiega, «è un viaggio che coinvolge tutta la nostra vita, tutto noi stessi. È il tempo per verificare le strade che stiamo percorrendo, per ritrovare la via che ci riporta a casa, per riscoprire il legame fondamentale con Dio, da cui tutto dipende. La Quaresima non è una raccolta di fioretti, è discernere dove è orientato il cuore. Questo è il centro della Quaresima: dove io ho orientato il mio cuore».

Il Papa pone a ciascuno delle domande. Bisogna chiedersi se il «navigatore della mia vita» è puntato «verso Dio o verso il mio io», se «vivo per piacere al Signore, o per essere notato, lodato, preferito, al primo posto e così via?», se «ho un cuore “ballerino”, che fa un passo avanti e uno indietro, ama un po’ il Signore e un po’ il mondo, oppure un cuore saldo in Dio», se «tto bene con le mie ipocrisie, o lotto per liberare il cuore dalle doppiezze e dalle falsità che lo incatenano».

Perché la Quaresima è come un esodo «dalla schiavitù alla libertà», come i quaranta giorni del popolo di Dio nel deserto. Con la nostalgia dell’Egitto, delle cipolle, dei ricordi del passato, degli idoli. «Quanto fu difficile lasciare l’Egitto!», esclama il Papa. «Anche per noi è così: il viaggio di ritorno a Dio è ostacolato dai nostri malsani attaccamenti, è trattenuto dai lacci seducenti dei vizi, dalle false sicurezze dei soldi e dell’apparire, dal lamento vittimista che paralizza. Per camminare bisogna smascherare queste illusioni».

Ci aiuta, nel nostro viaggio di ritorno, la Parola di Dio.  La parabola del figliol prodigo perché «anche noi abbiamo dimenticato il profumo di casa, abbiamo dilapidato beni preziosi per cose da poco e siamo rimasti con le mani vuote e il cuore scontento. Siamo caduti: siamo figli che cadono in continuazione, siamo come bimbi piccoli che provano a camminare ma vanno in terra, e hanno bisogno di essere rialzati ogni volta dal papà». E Dio ci perdona. Per questo il primo passo del viaggio di ritorno è la confessione. «E raccomando ai confessori», dice Francesco, «siate come il padre, non con la frusta, ma con l’abbraccio».

E poi, per essere salvati, abbiamo bisogno di tornare da Gesù come fece il lebbroso risanato. Tutti furono guariti, ma lui solo fu anche «salvato, perché era tornato da Gesù». È lui che ci guarisce «dalle malattie spirituali, dai vizi radicati, dalle paure che ci paralizzano». Non possiamo farcela da soli, con le nostre forze. «Ci serve la guarigione di Gesù, serve mettergli davanti le nostre ferite e dirgli: “Gesù, sono qui davanti a Te, con il mio peccato, con le mie miserie. Tu sei il medico, Tu puoi liberarmi. Guarisci il mio cuore, guarisci la mia anima”».

E, infine, il ritorno allo Spirito Santo. «La cenere sul capo ci ricorda che siamo polvere e in polvere torneremo. Ma su questa nostra polvere Dio ha soffiato il suo Spirito di vita. Allora non possiamo vivere inseguendo la polvere, andando dietro a cose che oggi ci sono e domani svaniscono. Torniamo allo Spirito, Datore di vita, torniamo al Fuoco che fa risorgere le nostre ceneri. A quel fuoco che ci insegna ad amare. Saremo sempre polvere, ma come dice l’inno liturgico polvere innamorata».

Sappiamo che il nostro viaggio di ritorno è possibile perché il Padre per primo lo ha fatto verso di noi. «Per non lasciarci soli e accompagnarci nel cammino è sceso dentro al nostro peccato e alla nostra morte, ha toccato il peccato, ha toccato la nostra morte. Il nostro viaggio, allora, è un lasciarci prendere per mano. Il Padre che ci chiama a tornare è Colui che esce di casa per venirci a cercare; il Signore che ci guarisce è Colui che si è lasciato ferire in croce; lo Spirito che ci fa cambiare vita è Colui che soffia con forza e con dolcezza sulla nostra polvere».

Per questo occorre ascoltare e fare nostra la supplica dell’Apostolo: «Lasciatevi riconciliare con Dio». Nessuno, insiste il Papa, «può riconciliarsi con Dio con le proprie forze. No, non può. La conversione del cuore, con i gesti e le pratiche che la esprimono, è possibile solo se parte dal primato dell’azione di Dio. A farci ritornare a Lui non sono le nostre capacità e i nostri meriti da ostentare, ma la sua grazia da accogliere. Ci salva la grazia. La salvezza è pura grazia, pura gratuità. Gesù ce l’ha detto chiaramente nel Vangelo: a renderci giusti non è la giustizia che pratichiamo davanti agli uomini, ma la relazione sincera con il Padre. L’inizio del ritorno a Dio è riconoscerci bisognosi di Lui, bisognosi di misericordia. Questa è la via giusta, la via dell’umiltà, bisognosi della sua grazia». Dobbiamo chiederci se «io mi sento bisognoso o mi sento sufficiente?» e abbassare il capo per ricevere le ceneri. «Finita la Quaresima ci abbasseremo ancora di più per lavare i piedi dei fratelli. La Quaresima è una discesa umile dentro di noi e verso gli altri. È capire che la salvezza non è una scalata per la gloria, ma un abbassamento per amore. È farci piccoli. In questo cammino, per non perdere la rotta, mettiamoci davanti alla croce di Gesù: è la cattedra silenziosa di Dio. Guardiamo ogni giorno le sue piaghe, le piaghe che lui ha portato in cielo e che fa vedere al padre tutti i giorni nella sua preghiera di intercessione. In quei fori riconosciamo il nostro vuoto, le nostre mancanze, le ferite del peccato, i colpi che ci hanno fatto male». E in quelle ferite c’è la nostra guarigione. «Perché lì, dove siamo più vulnerabili, dove ci vergogniamo di più, Lui ci è venuto incontro. E ora che lui è venuto incontro ci invita a ritornare a Lui, per ritrovare la gioia di essere amati».

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