Paolo Giurisato, presidente dell'associazione "L'isola che non c'è"
Le camerette erano preparate da giorni, con la biancheria profumata, i peluche e i palloncini colorati sui letti. Sono arrivati sani e salvi martedì scorso, dopo un viaggio di tre giorni e tre notti a bordo di due pullman e quasi 1350 chilometri: tanti quanti ce ne vogliono per arrivare a Rubano, comune alle porte di Padova, da Budomierz-Hruszew, al confine polacco con l’Ucraina.
Così 57 bambini e ragazzi, dai 3 ai 17 anni, con sei accompagnatrici, sono riusciti a fuggire dall’Ucraina bombardata e messa a ferro e fuoco, e hanno raggiunto la sede del Seminario Minore della diocesi di Padova, una grande struttura in mezzo al verde, messa a disposizione dalla chiesa padovana. I ragazzi provengono da due orfanotrofi di Leopoli i cui responsabili avevano lanciato un Sos per condurre via, in un posto sicuro, i piccoli ospiti delle strutture.
«E’ stata una corsa contro il tempo, e la Provvidenza ci ha messo del suo, se consideriamo che sabato sera siamo stati avvisati dell’emergenza e poche ore dopo eravamo già in autobus diretti in Polonia, senza nemmeno il tempo di fare un bagaglio», spiega Paolo Giurisato, presidente dell’associazione “L’isola che non c’è”, di Teolo, che dal 1999 si occupa dell’accoglienza temporanea e di aiuti umanitari per i bambini di Chernobyl e di altri orfanotrofi ucraini. «Sapevamo che la diocesi aveva dato disponibilità per l’accoglienza nel seminario, ma bisognava andare a prendere i ragazzi fin lassù. Così, anche grazie alla ditta Cavinato che ci ha messo a disposizione i due mezzi e cinque autisti, siamo arrivati nella notte tra domenica e lunedì al confine tra Polonia e Ucraina, dove ci attendevano 63 persone. I bambini erano esausti e impauriti».
L'operazione di salvataggio è stata resa ancor più difficile dalla richiesta dei permessi. Una ventina di ragazzi erano, tra l’altro, privi di documenti. «Solo con la collaborazione fattiva del nostro Ministero - aggiunge Giurisato - e l’aiuto straordinario dell’ambasciata italiana a Cracovia siamo riusciti ad espletare tutte le procedure giuridico-burocratiche e ottenere i visti necessari per lasciare la Polonia. E’ stata un’avventura, ma a lieto fine. La cosa più e emozionante? Vedere i sorrisi tornare sul volto dei ragazzi una volta compreso di essere in salvo. Lo rifarei subito».
A precedere ed accompagnare il viaggio della speranza c’è stata una vera e propria corsa alla solidarietà da parte di tanti cittadini veneti che, attivati dal passa-parola, hanno fatto pervenire al seminario aiuti di ogni tipo. «Un’onda di generosità incredibile che ci ha travolti, a tal punto che abbiamo dovuto fermare la raccolta di beni di prima necessità che continuavano ad essere portati qui. Ora dobbiamo tenere alta l’attenzione su quanto accade in Ucraina e pregare per questa popolo», ha affermato don Raffaele Gobbi, il nuovo rettore del seminario vescovile.
Ad accogliere gli orfani c’era anche il vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla: «Siamo lieti di poter ospitare questi bambini mettendo a disposizione quello che abbiamo. Avremmo preferito intervenire in tempi di pace, ma, oggi, siamo chiamati ad agire in emergenza. La guerra purtroppo produce queste effetti. Spezza il cuore vedere tanti innocenti soffrire così. Sappiamo della responsabilità che ci attende, ma non siamo soli: la generosità delle famiglie padovane è stata enorme. E molte di loro si sono pure rese disponibili ad ospitare, se ce ne fosse necessità, questi ragazzi in casa propria».
I piccoli ospiti, che ora sono in quarantena, resteranno in Italia fino a quando le condizioni in Ucraina ne permetteranno il ritorno. «Salutandoci i direttori degli orfanotrofi ci hanno detto: ”Ve li affidiamo. Se la guerra non ci uccide, saremo pronti a riprendere i nostri “nipoti”. E così faremo, nella speranza che la guerra cessi presto e che nuove sofferenze non colpiscano questi piccoli», conclude Giurisato.