La lettura di Effatà, qualche
anno fa, era stata una bella
sorpresa, per cui abbiamo letto
con curiosità la nuova prova di
Simona Lo Iacono, Le streghe
di Lenzavacche, peraltro entrata
nella dozzina dei candidati al Premio
Strega. E vi abbiamo ritrovato i temi
cari all’autrice: la condizione femminile,
la prevaricazione sull’infanzia, l’arroganza
del potere, l’emarginazione
dei diversi e dei disabili, la religione
vissuta come superstizione contrapposta
a una fede autentica, la forza
rivoluzionaria dell’immaginazione e
della letteratura…
Siamo nel 1938, il fascismo la fa da
padrone. A Lenzavacche, un minuscolo
paesino della Sicilia, Rosalba, glia di
Tilde, una donna che conosce i segreti
delle erbe e non solo, vive un’intensa
passione amorosa con un arrotino di
passaggio, detto “il Santo”, da cui nasce
Felice. Un bambino sfortunato, colpito
da una grave disabilità, eppure sveglio e
allegro. Qualità che non gli risparmiano
l’esclusione in un contesto gretto e
chiuso. Eppure Felice, sorprendendo
tutti, un giorno manifesta il desiderio
di andare a scuola. In parallelo, attraverso
le lettere inviate da un giovane
maestro elementare a una misteriosa
zia, scopriamo come l’ideologia fascista
abbia trasformato l’istruzione, rendendo
gli allievi dei piccoli soldati, bandendo
ogni forma di fantasia tacciata
come indisciplina e, naturalmente,
esaltando la perfezione fisica. Le idee
del maestro sono a tal punto controcorrente
che rischia di perdere la cattedra.
Simona Lo Iacono si muove abilmente
fra diversi registri narrativi –
quello in prima persona di Rosalba e
quello epistolare del maestro – collegandoli
nella parte finale del romanzo
con una storia antica, che rievoca
le misteriose “streghe” che vissero e
furono perseguitate a Lenzavacche
nel 1600.
Le streghe di Lenzavacche, di Simona Lo Iacono, e/0
Trama: 7
Scrittura: 7,5
Copertina: 5,5