Una delle immagini più emblematiche dell’attuale momento storico della Chiesa è sicuramente l’abbraccio tra i due Papi, Francesco e Benedetto, il 23 marzo scorso, quando il Pontefice emerito ricevette la visita di Bergoglio a Castel Gandolfo. Un momento epocale si disse, e a giusta ragione.
Oggi, mentre si avvicina il primo anno di pontificato di Francesco, sembra quasi però che quell’abbraccio sia inconsapevolmente diventato un diabolico sortilegio, il terreno di scontro tra opposte ideologie, il metro unico di giudizio, la cartina di tornasole per raccontare quel che fa, o non fa, papa Francesco mettendolo in relazione a quello che ha fatto, o non ha fatto, il suo predecessore. Conformismo mediatico? Sicuramente è anche questo. Ma il problema di fondo, forse, è un altro e andrebbe analizzato con maggiore attenzione.
La pagina di storia che si è aperta con il gesto umile e coraggioso di Benedetto XVI di lasciare il pontificato richiede, per poter essere compresa, categorie interpretative non nuove o superficialmente “nuoviste” ma semplicemente diverse, inedite, più audaci forse. Invece accade esattamente il contrario. I gesti e le parole di papa Francesco vengono raccontati e interpretati ricorrendo sempre al solito giochetto: è in continuità o in discontinuità con Ratzinger?
Da un lato, c’è il fronte conservatore, che ripete che non c’è nulla di nuovo sotto il sole e che tutto quello che fa Bergoglio lo hanno detto, fatto, spiegato i suoi predecessori. Dall’altro, il fronte progressista che afferma invece che tutto, in Francesco, ha il sapore della novità e della rottura rispetto alla tradizione della Chiesa e dei Papi che c’erano prima di lui.
Non c’è gesto o parola di papa Francesco – anche salutare i fedeli durante le udienze generali – che non venga, in maniera automatica e semplicista, cosparso di melassa in modo da poter meglio esaltare, a seconda dei casi, la presunta contrapposizione con papa Ratzinger.
È uno schema mediatico che funziona alla grande per alimentare contrapposizioni che non hanno più ragione d’esistere ma non per capire quel che sta accadendo oggi, sotto i nostri occhi, nella storia della Chiesa e nella storia tout court. Ma soprattutto, utilizzando questo metodo, ognuno, a seconda della propria sensibilità, si crea un Papa e un magistero ad hoc. Dove abbondano i luoghi comuni e di reale resta ben poco. Quasi nulla.
Lo dimostrano gli ampi dossier dedicati a Bergoglio dai media americani e le prese di posizione di numerosi ambienti intellettuali Usa dove sembra che per raccontare papa Francesco non si possa far altro che parlare male di Benedetto e viceversa.