Questa volta, per farci un piccolo regalo di Natale, uno di noi scrive una lettera alla posta del cuore, lettera “natalizia”, cronaca di un fatto vero. Ecco: entro alla Messa, come al solito davanti alla porta c’è l’uomo che attende la monetina che io gli do e che ringrazia. A fine Messa esco: piove a dirotto, davanti a me scale senza corrimano; sento una voce che borbotta; impacciata nell’aprire l’ombrello, gli dico: «Te l’ho già data la monetina!». Ma lui, il giovane nero, mi dice: «Mama, io detto: stai attenta, non cadere!». E mi porge il braccio. Mentre accetto il suo aiuto dico piano: «Figlio...» e mi sento “stupida”... .
MARIATERESA
— Sì, è vero: il mondo è pieno di figli. Figli immeritati, che magari non sai vedere. Figli che danno, quando tu non te lo aspetteresti. Figli che guardano, oltrepassano le muraglie del nostro credere-di-sapere, del nostro sentirci-a- posto, dei nostri non-riconoscimenti. In forza di quest’episodio, abbiamo riflettuto: come mai il Signore del cielo e della terra è nato come figlio? Tra i mille modi con cui “presentarsi” agli uomini, ha scelto il modo del figlio, che dice “mama”, che nel bisogno-debolezza-piccolezza dona qualcosa: solo così il dono è importante, non pretende il ricambio, offre e basta. E abbiamo pensato alla Madre che non-tiene-il-figlio- per-sé. Oggi abbiamo tutti la presunzione-certezza che un figlio è un bene privato: è un’esclusiva, appartiene alla mamma e al papà (e quando va bene un po’ anche i nonni). “Mio” figlio, magari “fabbricato” con tecniche di fecondazione eterologa, con tre eredità genetiche, con utero provvisorio e pagato: ma qui “mio” è quanto di più violento ci sia, è una privatizzazione che genera muri. Maria l’ha donato da subito: a Giuseppe, agli angeli, a sconosciuti pastori. Sapeva della violenza del “mio figlio”. Nessun genitore è tanto onnipotente da bastare a un figlio. La sua privatizzazione non solo lo condanna al peso del “devi essere come io desidero che tu sia”, ma gli impedisce di trovare nel mondo briciole di “mama” a cui dare e ricevere aiuto. Briciole di “mama” che vengono svegliate – immeritatamente – da quel nome non privatizzato, nome che “fa” Natale: luogo simbolico e concreto, in forza del quale possiamo trovare tracce di figlio... in un bel giovane nero. E sgretolare i muri del nostro sapere già tutto.