La storia è finita sulle pagine della Gazzetta di Modena e parla di un padre separato, pare uno scrittore "di discreto successo", e un figlio di 28 anni che vive con la madre.
La solita diatriba con giudici e avvocati per il mantenimento del ragazzo e poi, recentemente, la decisione del padre di modificare l'assegno per il mantenimento, vista l'età del giovane che a 28 anni, a suo parere, dovrebbe avere già concluso gli studi ed essere in grado di mantenersi da solo. Ma anche pere le scelte universitarie non condivise dal genitore. Dopo la triennale in Lettere aveva, infatti, deciso di concludere gli studi con una laurea magistrale di cinematografia sperimentale. Non certo la laurea ideale per diventare presto autonomi e indipendenti dalla famiglia.
Per questo il padre aveva chiesto al tribunale civile di eliminare, o almeno di ridurre, l’assegno di mantenimento del figlio: «non è meritevole di ulteriore sostegno economico, non avendo compiuto scelte lavorative volte all’autosostentamento o scelte di continuare studi confacenti alla sua formazione pregressa».
Nulla da fare. Il tribunale ha predisposto che l'assegno debba continuare a essere erogato con le stesse modalità e che il contributo non diminuisse di un euro. E le motivazioni sono da ricercare proprio nel fatto che il padre è uno scrittore, e la scelta di iscriversi a cinematografia è «in linea con le aspirazioni del figlio,anche per ragioni di attitudini familiari e del clima culturale vissuto in famiglia, certamente non estraneo a tendenze artistiche e propensione alla creatività».
Si riapre così il dibattito, molto italiano vista la difficoltà dei ragazzi a rendersi autonomi, su "fino a quanto è giusto mantenere un figlio". In particolare un figlio che va a rilento con gli studi e che non mostra di voler realmente rendersi indipendente. Non esiste a proposito una legislazione precisa ma solo sentenze come quella di un altro caso finto in cronaca. Nel 2011 una ragazza di 25 anni ottenne grazie alla Suprema Corte l'obbligo per il padre, anch'esso separato, di mantenerla. Viveva ancora con la madre e aveva un impiego a tempo indeterminato. Ma tale impiego, un lavoro da commessa, non era alla sua altezza poiché aveva un diploma di ragioneria...
Resiste, quindi, per ora l'obbligo, non solo il dovere, di mantenere i figli «fino al raggiungimento dell’indipendenza economica». Ma bisognerebbe riflettere se e come individuare un'età o una situazione oltre la quale il mantenimento diventa fuori luogo e l'autonomia può considerarsi raggiunta. Cosa che forse farebbe bene a molte famiglie e a molti ragazzi.