(Nella foto in alto: Daniel Psenny)
Siamo in guerra. Anche nel cuore di Parigi, in quell’undicesimo arrondissement ricco di locali notturni, sale da ballo come il vecchio e glorioso Bataclan, palcoscenico dell’orrore dei terroristi jihadisti, quartiere bohémien abitato da scrittori, pittori, studenti, giornalisti. Tra questi abita anche Daniel Psenny, giornalista di Le Monde. Suo il video girato a caldo dal suo i-phone che rimarrà nella memoria collettiva di questo 11 settembre francese. Il video esemplificativo del terrore sparso dai jihadisti in mondovisione, che gira a ritmo ossessivo nelle Tv. Si vede gente che scappa disperata, di altra gente appesa alle finestre, in un clima di sgomento senza fine immortalato per sempre.
Anche il suo racconto di quella sera reso a una collega e pubblicata sul sito di Le Monde, è il crudo resoconto di questa guerra devastante e sconvolgente. Psenny abita al decimo piano di uno stabile che dà sull'uscita secondaria del Bataclan. “Stavo lavorando nella mia camera, la televisione era accesa su un film in cui Jean-Huge Anglais interpretava il ruolo del poliziotto. Ho sentito un rumore come di petardi e ho pensato che venissero dal film. Poi mi sono reso conto che venivano da fuori”. A quel punto Psenny si affaccia alla finestra e assiste a quella scena infernale. La filma col suo smart.
Poi il giornalista di Le Monde scende in strada per aiutare l’evacuazione dei feriti e offrire un rifugio dentro il suo stabile. A quel punto uno dei terroristi, molto probabilmente da una finestra del Bataclan, gli spara e lo colpisce al braccio sinistro. “Ho aperto il portone dello stabile: c’era un uomo steso sul marciapiede, con un altro uomo che non ho più visto ho cercato di tirarlo dentro il palazzo. E’ a quel punto che mi hanno sparato. Ho sentito come un petardo che esplodeva nel mio braccio e ho visto scorrere il sangue. Siamo risaliti con una coppia di vicini al quarto piano. L’uomo che mi ha aiutato aveva una ferita nelle gambe. E’ un americano: vomitava, aveva freddo, credeva di dover morire”. Sono rimasti lì, dentro lo stabile, atterriti e sconvolti, finché una squadra di soccorso non li è venuti a prendere.