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giovedì 12 settembre 2024
 
economia
 

Quel pasticciaccio brutto chiamato Brexit

06/07/2016  Le conseguenze economiche dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europeo saranno devastanti e consegneranno ai giovani un Paese lacerato. A colloquio con l'economista Luigi Campiglio

Luigi Campiglio
Luigi Campiglio

Sulle responsabilità dell’uscita del Regno Unito dall’Unione infatti l’economista Luigi Campiglio, membro del prestigioso Churchill College di Cambridge, ha idee molto precise: “Brexit è figlia della scelleratezza della classe politica britannica, a cominciare da Cameron. E infatti tutti i membri della classe dirigente stanno cadendo come birilli”.

E infatti il settimanale della City Economist parla ormai di anarchia. 
Ma gli inglesi non sono irrimediabilmente isolazionisti?

“Entro certi limiti. E’ un po’ paradossale che proprio l’Inghilterra sia la patria di un poeta, John Donne, famoso per aver scritto quattro secoli fa il poema “Nessun uomo è un’isola”. Me lo sono andato a ripescare: il poeta aggiunge che ogni uomo è un pezzo di continente, una parte del tutto. Ed è vero, siamo tutti parte di un continente, fatto di uomini, cose, beni, merci, servizi. E per noi quel continente si chiama Europa: starne fuori è una follia.

Ma i fatti sono i fatti: gli inglesi se ne sono andati dall’Europa

“Brexit è un disastro causato non da genuini sentimenti popolari ma da un calcolo politico sbagliato di Cameron. Certo, c’è la vecchia battuta sugli inglesi che quando c’è nebbia sulla Manica dicono che il Continente è isolato, ma la Gran Bretagna è un Paese europeo, autenticamente europeo. Quello di Cameron è stato un azzardo sulla pelle degli altri e una dimostrazione di cinismo politico non comune. Non posso dimenticare quanto sia importante in Inghilterra la classe sociale di provenienza. Io ho studiato all’Essex University di Londra e l’ho vista in termini economici e di istruzione: I bambini vengono già selezionati e individuati già all’età di cinque o sei anni. Poi ci sono i college Oxford Cambridge. E’ un mondo che conosco e vedo nei suoi rituali millenari, nella sua conservazione di privilegi anacronistici e una grande dose di cinismo. E’una società difficile da capire dall’esterno, ha mandato avanti idee sulla libertà, penso a Stuart Mill, molto prima di altri Paesi europei ma allo stesso tempo è una società rigida in cui i ricchi sono straricchi”.

Tra i responsabili di Brexit c’è anche il leader dei labour Coirbyn, che non ne vuole sapere di dimettersi, nonostante si siano dimessi Borsi Johnson e persino il leader dell'Ukip Nigel Farage.

 “Verissimo. Ma le responsabilità maggiori sono di un governo che non solo ha tagliato sulla sanità aumentando le diseguaglianze ma ha dirottato il malcontento sociale sugli immigrati. E questo per un Paese come l’Inghilterra, dove gli ospedali si ridurrebbero a lazzaretti senza il sostegno degli immigrati medici e infermieri, è a dir poco paradossale”.

I danni maggiori li subiranno loro o noi europei?

“Il danno immediato è maggiore fuori dall’Inghilterra. Il referendum sta contribuendo non poco a mettere in un angolo le motivazioni più nobili della costruzione europea, a cominciare dal fatto che ha garantito 70 anni di pace, a parte la tragedia balcanica e quella ucraina.

Si doveva andare avanti così? Le politiche restrittive dell’Unione hanno creato milioni di disoccupati…

“Certo, non vuol dire che in Europa tutto va bene. Le politiche di austerity, soprattutto nei confronti dei Paesi mediterranei, sono stati un disastro. L’unico fattore che ha consentito di oliare i meccanismi attenuando i danni è stata la Bce di Draghi, ma la Bce arriva dove può. In questo disorientamento generale è mancata la crescita. Ma difendere le ragioni europee è importante anche riconoscendo che sono sbagliate”.

Sbagliate del tutto?

“Dal mio punto di vista sono state un grande fallimento. Lo si vede dai risultati. C’è un malcontento generale in Europa, ma non bisognava buttar via il bambino con l’acqua sporca, come si dice. Un detto inglese, tra l’altro, throw the baby with the bathwater, utilizzato per la prima volta dall’economista britannico Thomas Carlyle nel suo saggio sulla schiavitù.

I politici inglesi, a cominciare da Farage, hanno alimentato a partire dai problemi reali uno spaventapasseri, la questione dell’immigrazione. Ma non è così. In un mondo in cui nessun uomo è un’isola non lo è nemmeno l’Inghilterra. Quello che sta accadendo è un miscuglio micidiale di ragioni vere e obiettive (le persone stanno male e ora rischiano di stare ancora peggio). Bene che vada continuerà a star bene chi già sta bene”.

Ora è meglio che l’Inghilterra se ne vada e alla svelta, come tuonano i politici e i tecnocrati di Bruxelles?

“No. La reazione dell’Europa deve essere misurata. Occorre una sorta di cordone sanitario politico oltre che economico intorno all’Inghilterra. Anche perché il distacco non è definitivo (potrebbe essere non ratificato dal Parlamento, ma forse il mio è solo un desiderio, un wishful thinking, come dicono gli inglesi) ma se vogliono farlo diventare definitivo a questo punto con altrettanta serenità e calma è necessario che l’Ue trovi un nuovo equilibrio. Le scaramucce a Strasburgo non servono. Ci mancherebbe solo che qualcuno inneggi agli spitfire e agli stukas e poi il quadro sarebbe completo”.

Al di là delle fibrillazioni di questi giorni quali sono le conseguenze economiche?

“Mentre in Continente l’effetto più vistoso è stato il crollo delle borse, dovuto al panico del contagio populista che disintegrerebbe l’Unione in Inghilterra il crollo della sterlina è un problema ma anche un vantaggio. La sterlina ha un disavanzo delle partite correnti e delle partite commerciali elevatissimo. Una sterlina più a buon mercato favorisce l’export ma anche il turismo”.

Fin qui avrebbero ragione i fautori di Brexit…

 “No, perché i capitali sono in fuga dalla City e non si sa se e quando  ritorneranno. Se viene a mancare la libertà di circolazione di iuomini, merci, imprese e capitali le multinazionali ci penseranno due volte prima di investire nel Regno Unito o di effettuare mega-investimenti immobiliari come quelli che hanno fatto i Fondi arabi fino ad ora. Inoltre la sterlina a picco potrebbe generare inflazione, aumenterebbe il prezzo del carrello della spesa. Quanto alle imprese straniere già esistenti, ci potrebbero essere nuovi intoppi.n La cautela della Merkel sarà certamente dettata da principi nobili ma non va sottovalutato il fatto che gli interessi economici della Germania in Inghilterra sono molto forti.  Quanto agli italiani residenti nel Regno Unito il disorientamento è totale. Ed è tutta gente che paga le tasse, che dà molto più di quanto riceve, non sono orde fameliche come le descrive Farage. Il paradosso è che a pagare saranno i giovani e i più deboli, perché il Welfare complessivo si abbasserà. Il cinismo politico elevato a sistema da parte della classe dirigente politica britannica.

Per noi italiani cosa succederà?

“ Il turismo inglese diminuirà. Questo è un problema soprattutto per la Toscana. Per la finanza è un disastro, un grosso problema perché era difficile individuare scelte di portafoglio interessanti, ora ancora di più. Sul piano dell’economia reale ci sarà maggiore concorrenza dei prodotti inglesi, soprattutto quelli ipertecnologici. Come membro oltremanica del Churchill College di Cambridge mi capitava di pranzare con premi Nobel di fisica o di chimica. Questo per dire che in Inghilterra non ci sono solo anziani conservatori reazionari ma c’è un livello di eccellenza intellettuale altissimo. Uno degli effetti Brexit è che un po’ di fondi internazionali hanno cominciato a dire: vuoi vedere che è la volta buona che l’Europa va a scatafascio? E vuoi vedere che la prima a staccarsi sarà l’Italia? La Grecia è come sparare sulla croce rossa. La Spagna è sotto l’ala protettrice della Germania? Rimane l’Italia, ma a torto, perché l’Italia è pur sempre una delle maggiori potenze industriali del mondo, resta un boccone troppo grosso anche per lo stomaco forte degli speculatori”.

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