Sono stato anch’io a Santa Marta alla Messa di papa Francesco. È un regalo che hanno voluto farmi alcuni cari amici per il mio compleanno. Cosa dirvi? L’emozione la potete intuire, la particolarità dell’intimità creata dall’ambiente ormai è stata raccontata in tutti i suoi particolari.
Vi dirò che la cosa che mi ha quasi rapito è stata la semplicità, la precarietà che ha fatto trasparire l’intera liturgia: un prete vero che celebra una Messa vera, con una normale pianeta rossa, con le scarpe da montanaro, levandosi e rimettendosi la papalina, pregando Dio come un figlio parlerebbe a suo padre.
Niente accenti, sospiri, enfasi. Il calice i parroci l’avrebbero più “decente”. Due ragazzi che gli hanno portato la bacinella e l’ampollina per lavarsi le mani. Un Vangelo commentato sottovoce, con la forza dirompente che solo il sottovoce fa esplodere. Il tema: gli intellettuali della religione, quelli che avevano il potere, che portavano avanti la catechesi del popolo con una morale fatta dall’intelligenza e non dalla rivoluzione di Dio. Di fronte a loro stava un popolo umile, scartato e bastonato.
Poi, ha sparato il resto delle sue cartucce apostoliche, riportando all’oggi la “farisaica” situazione. «Anche oggi nella Chiesa accadono queste cose. C’è quello spirito di clericalismo in base al quale i chierici si sentono superiori, si allontanano dalla gente. È un’edizione nuova di quella gente. E vittima è ancora una volta il popolo povero e umile». Ha chiuso la riflessione citando l’ultima frase del Vangelo di Matteo: «I peccatori e le prostitute andranno avanti a voi nel Regno dei cieli». Travolgente la sua capacità di rovesciare la burocrazia vaticana dicendo frasi che già allora provocarono a Cristo qualche “dispiacere”.
Finita la Messa ci ha salutati tutti. Io mi sono presentato dicendo: «Faccio parte di quei pastori che ne perdono 99 di pecore. Cosa devo fare?». Sorriso, appena abbozzato, che si è allargato quando ho spiegato che i “miei ragazzi” (intendendo gli Educatori senza frontiere) sono stati a lavorare nel quartiere povero e problematico Laferrere di Buenos Aires, quando lui era ancora cardinale.
Gli ho regalato alcuni nostri libri. Ci ha benedetti e noi ci siamo sentiti felici di quella felicità interiore che fai fatica a capire ma che ti godi senza capirla. Finisco: è un Papa che sorride appena, che compie i gesti più semplici, però, dopo che l’hai visto, ti accorgi che non sei più quello di prima.