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domenica 23 marzo 2025
 
 

Quel silenzio che infierisce sulle vittime di tortura

26/06/2013  Nella Giornata internazionale a sostegno delle vittime di tortura, stride ancor di più il vuoto legislativo del nostro Paese: il codice penale italiano non prevede ancora il reato di tortura

I lettori di Alessandro Manzoni ricorderanno la celeberrima "Storia della Colonna Infame": nella Milano del 1600 colpita dalla peste, la caccia agli untori – veri o presunti – si risolveva in episodi di linciaggio che vedevano morire persone innocenti tra sevizie e torture di ogni sorta. Ma la persecuzione non terminava con la morte. Prima la casa veniva demolita, poi veniva eretta una colonna, infame appunto, per ricordare ai posteri la presunta colpa di una vittima di tortura. Al giorno d'oggi questa pratica è anacronistica e del tutto sorpassata: oggi le vittime di tortura vengono dimenticate e circondate da un silenzio assordante.

Quando si parla di tortura, spesso si ricorre alla scorciatoia mentale secondo la quale una pratica talmente disumana sia appannaggio esclusivo di Paesi sottosviluppati che ancora non hanno abbracciato "la civiltà occidentale", oppure di dittature sanguinarie che esercitano lo strumento della tortura contro inermi cittadini. Non è così, o non solo. Secondo Amnesty International, nel 2012 112 Paesi hanno praticato la tortura o trattamenti inumani o degradanti

Tra questi si annoverano Stati di ogni genere, oltre a quelli sopraelencati. Per farsi un'idea, basti pensare che nel 2012 solo in 21 Paesi ci sono state esecuzioni capitali, che della tortura sono il massimo e più aberrante esempio, a fronte di 112 Stati complessivi dove si pratica la tortura. E che dire degli Stati Uniti, dove la lotta al terrorismo, dal 2001 a oggi, ha moltiplicato gli episodi di tortura a danno di condannati o anche di semplici sospettati di reati di terrorismo. Per non parlare della prigione di Guantanamo, che nonostante le promesse del presidente Obama è tuttora in funzione.

Nella Giornata internazionale a sostegno delle vittime di tortura, che cade il 26 giugno, il caso dell'Italia è emblematico. Nel 2013 il nostro Paese non ha ancora introdotto la tortura come reato specifico previsto nel Codice penale, nonostante l'obbligo direttamente derivante dalle Convezioni internazionali. Violenza esercitata volontariamente da uomini su altri uomini, di questo si tratta quando si parla di tortura.

In Italia il problema della tortura è evidentemente (o volutamente) sottovalutato, e troppo spesso è ancora avvolto da un silenzio che infierisce ulteriormente su chi della tortura è stato vittima. E solo terribili episodi di cronaca nera, come i recenti casi Cucchi e Uva o le violenze nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova nel 2001, portano il tema all'attenzione dell'opinione pubblica

E se un trattamento inumano e degradante si qualifica come tortura, come si può chiamare il trattamento a cui sono sottoposti migliaia di detenuti in Italia? Inoltre, la tortura è un tema di strettissima attualità, anche da un altro punto di vista: per esempio un rifugiato su tre, fra quelli che arrivano in Italia, ha personalmente subito esperienze di tortura. Spesso, proprio per sfuggire a persecuzioni disumane nel loro Paese, uomini e donne hanno intrapreso un viaggio senza certezze e proprio a causa delle torture subite ricevono lo status di rifugiati quando sono in esilio.

Tortura quindi non è solo violenza fisica. Anzi, spesso sono altre le ferite più profonde e le più difficili da rimarginare: la perdita dell'identità familiare, legale, economica, politica, culturale, sociale. La perdita della dignità personale. Le vittime di tortura sono quindi segnate da traumi che richiedono risposte specifiche, sia da un punto di vista medico e psicologico, sia sotto l'aspetto legale, sia di tipo sociale. Queste componenti sono essenziali affinché la vittima possa intraprendere a portare a compimento un positivo percorso di riabilitazione e integrazione.

Il CIR - Consiglio italiano per i rifugiati lavora fin dal 1996 in questo senso, con progetti mirati alla riabilitazione che hanno raggiunto in 17 anni 3000 persone sopravvissute alla tortura. Grazie al sostegno della Commissione europea e del Fondo volontario delle Nazioni Unite per le Vittime di Tortura, il CIR ha attualmente in carico 600 nuclei familiari di richiedenti asilo e rifugiati sopravvissuti a tortura con il progetto di accoglienza e cura "Together with Vi.To.". Un progetto multidisciplinare che si serve di svariati strumenti per ricomporre l'identità perduta delle vittime di tortura, compreso il teatro e la recitazione (vedi video correlato nella sezione Multimedia). Perché solo ripercorrendo ed esorcizzando la propria storia, anche nei suoi momenti disumanizzanti, una vittima di tortura potrà tornare a sentirsi pienamente un essere umano e abbattere quella colonna infame. 

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