Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
venerdì 13 dicembre 2024
 
 

Italia di ieri sconosciuta di oggi

21/03/2014  Molti giovani, nel film di Walter Veltroni, non sanno chi sia stato Enrico Berlinguer. Gli anni Settanta di un Paese scomparso e sopraffatto dalla realtà odierna.

Un film che si intitola Quando c’era Berlinguer e che inizia con una rassegna di giovani che non sanno chi era questo tal Berlinguer, difficilmente può passare inosservato. Ma, forse, proprio per questa apparente discrasia tra l’assunto del titolo e il contenuto, l’opera prima dell’esordiente Walter Veltroni finisce per risultare una fotografia senza ritocchi taroccati dell’Italia di oggi a confronto con quella di ieri. Tre osservazioni sul film vanno però fatte. Di ordine sentimentale, politico e cinematografico.

Primo: i sentimenti. Stride con la ragione dover ammettere che Quando c’era Berlinguer è un film che fa tirare un sospiro di malinconica nostalgia. Ogni italiano di oggi, infatti, di fronte all’idea di un documentario su un politico, correrebbe a gambe levate più lontano possibile dal luogo di proiezione. E invece, il film dimostra che è esistita addirittura un’Italia in cui fare politica era gesto nobile e nobilitante, con persone moralmente ineccepibili e degne di rispetto. I più giovani, che impietosamente Veltroni mostra mentre, interrogati su chi sia stato il segretario del Partito comunista italiano, guardano nel vuoto e annaspano, potranno così toccare con mano che non era una favola di padri e nonni quella dell’Italia per bene.

Secondo: la politica. Il ritratto storico dal 1972, quando Berlinguer diventa segretario generale del Pci, al 1984, anno in cui muore dopo un comizio a Padova, tocca un periodo che nella vulgata odierna va sotto la nomea di “anni di piombo”. E certamente quelli sono stati anche quello, ma non soltanto. La società e la politica erano più contigui rispetto a oggi e certe forme di ricerca di dialogo passavano prima per il rispetto personale e poi per l’ideologia. C’era più curiosità e coraggio.

Non per caso, mentre da un lato monsignor Bettazzi ricorda in Berlinguer un interlocutore di grande valore morale, sia Richard Gardner, ambasciatore Usa in Italia di quegli anni, sia Michail Gorbaciov, fanno la stessa foto di quel comunista così anomalo: troppo filosovietico per l’uno, troppo filooccidentale per l’altro. E, anche ammesso che entrambi, dal loro particolare punto di vista, abbiano ragione, allora vorrebbe dire che davvero Berlinguer e il suo Pci erano destabilizzanti per un ordine mondiale che prevedeva solo il muro divisorio. Tanto che, a conferma agghiacciante – ma già lo sapevamo - ancora oggi uno dei fondatori delle Brigate Rosse, Alberto Franceschini, ammette spudoratamente che sì, il compito che si erano dati i brigatisti era quello di combattere contro il compromesso storico. Non sono stati i soli, comunque, e infatti uomini come Aldo Moro da una parte ed Enrico Berlinguer dall’altra alla fine hanno perso, perché andando controcorrente, in politica si rischia di fare la fine dei salmoni che saltano in bocca agli orsi. E guardando la vita sociale e politica del Paese oggi, c’è da mettersi le mani nei capelli pensando a quale ricco patrimonio del passato recente siamo riusciti a buttare dalla finestra in malo modo.

Terzo: la regia. Questo docufilm prodotto da Sky, che uscirà il 27 marzo nelle sale, è un film firmato da Walter Veltroni. Ecco, a questo punto non si deve etichettare l’ex segretario del Pd di buonismo perché anche se il suo è un evidente atto d’amore e stima per colui che fu il capo del suo partito, non ci sono autocompiacimenti o ammiccamenti, né spazio per recriminazioni contro eventuali destini cinici e bari. Semmai, lo stile potrebbe rammentare quello di certo Ettore Scola o di alcuni racconti per immagini del servizio pubblico nei suoi giorni migliori.

Infine, un accenno per le testimonianze. Ce n’è per tutti i gusti, dal politico amico all’avversario, dal musicista all’operaio, passando anche per il presidente della Repubblica. Ma c’è un passaggio, intimo, personale, commovente e umanissimo, della figlia Bianca, che ricorda il giorno del funerale di Enrico Berlinguer. Quel giorno lei e la famiglia furono sorpresi e commossi da quell’immensa folla ma Bianca non poté fare a meno di pensare e dire che, finito tutto, quelle persone sarebbero tornata a casa, trovando il loro padre al posto di sempre. Lei, invece, non più.

Multimedia
Berlinguer: la storica intervista a Mixer
Correlati
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo