Ho vissuto l’avventura degli esami di riparazione e penso anch’io, come mi disse un giorno in un’intervista l’allora ministro dell’Istruzione Francesco D’Onofrio, che li abolì nel 1995, che siano “una barbarie”. La barbarie inizia fin dai tabelloni esposti a scuola: mentre i tuoi compagni concludono sereni l’anno scolastico, celebrano feste dionisiache, si buttano nel mare cristallino di giugno se abitano in una città costiera, tu rimani “sospeso” per un’estate intera e vivi le tue vacanze “così, così”, in una sorta di angoscia indefinita, con quella domanda che ti pesa ogni mattina che ti alzi dal letto, ovunque tu sia: “Ce la farò? Farò la fine del Bianchi che con due materie è stato bocciato a settembre? O della Gilda che addirittura venne cannata con una sola materia?”.
Mentre i tuoi compagni vanno al mare, vivono i loro amori, celebrano i riti dell’amicizia, divorano romanzi e gustano spensierate letture senza l’assillo di doverle ripetere, tu sei lì, nella tua camera, le finestre aperte da cui non passa un filo d’aria, tra le pagine appiccicaticce dei tuoi vecchi testi consunti, tra mosche e zanzare, lezioni private nel meriggio assolato e non ti gusti nulla, come non si gusta nulla chi è sottoposto a un giudizio. Ma perché? Perché un altro ministro democristiano, Giuseppe Fioroni, li ha ripristinati, questi benedetti esami, cambiando semplicemente il nome, con un sofisma che non toglie nulla alla sostanza? Intendiamoci, io non sono per la scuola del “sei politico” ma credo che ci siano altri modi per recuperare i debiti scolastici. Il consolidamento ad esempio, che significa fare le stesse cose degli esami di riparazione senza l’angoscia degli esami di riparazione. Uno, cento mille consolidamenti vorrei per quei ragazzi che durante l’anno non sono stati all’altezza dei loro compiti di studio e apprendimento, ma… ma i debiti a settembre, quell’angoscia che ti prende il giorno dell’esame, che finalmente è arrivato, quel che è stato è stato, quando la calura agostana cede il passo alla frescura settembrina, in quella luce cruda particolare del primo autunno che per i tuoi compagni si carica di nostalgia e a te sembra fatta di ghiaccio, e un brivido di terrore ti sale alla schiena anche se hai ripassato fino a un minuto prima, mi chiedo … perché?
Perché tutto questo? A che mi servirà nella vita? E se penso che alcuni di noi sono stati persino bocciati, vanificando un’estate intensa di studio (perché nessun ragazzo se ne frega degli esami a settembre e magari sbagliano la versione o il compito di matematica perché hanno dormito male, hanno litigato con la madre, oppure perchè l'emotività ha preso il sopravvento sul raziocinio), ingurgitando così delusione, pianto, rabbia, disincanto, frettolosi “piani B”, penosi trasferimenti in altre scuole perché in quel liceo non ci vuoi più mettere piede, facce di compagni di banco che non hai più il coraggio di fissare negli occhi, allora penso che ci sia persino una barbarie dentro quella barbarie.