Orge in canonica, giochi erotici, video hard amatoriali che riprenderebbero gli incontri a luci rosse all’ombra del campanile, un’amante violentata e costretta a prostituirsi con altri uomini. Insomma, un’inconfessabile, turpe doppia vita, a due passi dalla sacrestia, nella comunità di San Lazzaro a Padova in cui era parroco, quella di don Andrea Contin, se fossero accertati i gravi fatti per cui ora sta indagando la Procura padovana. L’ipotesi di reato nei suoi confronti è violenza privata e favoreggiamento della prostituzione.
Il caso è scoppiato ancora all’inizio di dicembre scorso, in seguito alla denuncia ai Carabinieri della signora quarantanovenne, parrocchiana di don Contin, che ha affermato di essere stata l’amante del sacerdote dal 2014. Nella lunga dichiarazione rilasciata alle forze dell’ordine, la donna ha raccontato non solo di aver subito dal prete rapporti sessuali estremi e violenti, ma di esser stata “venduta” ad altri uomini in cambio di denaro, all’interno di una sala segreta e chiusa a chiave della canonica, trasformata in una “stanza del sesso”.
Da qui le indagini che avrebbero portato alla perquisizione dei locali della parrocchia e il ritrovamento di materiali pornografici, video hard celati dietro copertine dedicate alle storie dei Papi, in cui erano registrate anche le scene degli incontri sessuali, e diversi sex toys. Don Contin, sacerdote diocesano nativo di una frazione di Campo San Martino, in provincia di Padova, prima dello scoppio dello scandalo a luci rosse, aveva sempre goduto della stima dei suoi parrocchiani, ed è conosciuto per il suo impegno sociale. Ha fondato, tra l'altro, ‘Casetta Michelino’, centro diurno per anziani a Pontevigodarzere che accoglie anche detenuti per lavori socialmente utili.
L’inchiesta della Procura, ora, potrebbe allargarsi e coinvolgere altre persone, tra cui altri sacerdoti della diocesi patavina. Alle orge, sempre secondo la denuncia della donna, avrebbe partecipato almeno un altro prete, parroco di una comunità sui Colli Euganei. In attesa dei necessari riscontri, gli inquirenti avrebbero, intanto, iniziato a indagare il profilo patrimoniale del sacerdote. A una prima, parziale analisi, parrebbe che il tenore di vita di don Contin (dai viaggi in località turistiche, a locali di lusso e ristoranti in Italia e all’estero) fosse incompatibile con il solo reddito percepito come sacerdote. Il sospetto, infatti, è che il sacerdote abbia speso denari provenienti dal favoreggiamento della prostituzione.
Il presbitero è stato allontanato dalla parrocchia. Pare sia stato mandato in una comunità, fuori diocesi, che si occupa del recupero di sacerdoti in difficoltà.
“E’ una situazione che ci addolora profondamente”, ha affermato in un primo comunicato la curia di Padova, appena venuta a conoscenza dell’inchiesta: “Ci auguriamo venga fatta tempestiva e piena verità sui fatti. Al momento non abbiamo elementi sufficienti di valutazione per prendere provvedimenti di ordine canonico. Rimane profondo dolore e sconcerto come Chiesa per situazioni che – reali o presunte – portano scandalo. Il nostro pensiero di vicinanza va in particolare alla comunità parrocchiale”.
La Chiesa padovana ha, inoltre, fatto sapere che prima che si muovesse la magistratura, aveva già avviato un’”indagine previa” sul sacerdote, in seguito ad alcune segnalazioni, “come previsto dai canoni 1717-1718 del diritto canonico. Dopo questa fase, che nel caso specifico, non è ancora conclusa, spetta al vescovo decidere se avviare o no un processo canonico che stabilisca eventuali responsabilità dell’imputato”. E aggiunge: “Qualora intervenga la magistratura ordinaria, solitamente l’indagine canonica rimane in attesa degli sviluppi che si hanno in quell’ambito, pur mantenendo la propria autonomia e continuando il proprio percorso”. Inoltre ha precisato che “da parte dell’autorità ecclesiastica non è stato consegnato alcun fascicolo alla magistratura ordinaria sia perché un procedimento formale non è ancora avviato sia perché gli accordi tra Stato e Chiesa (Patti Lateranensi) prevedono la trasmissione di eventuale documentazione agli organismi inquirenti solo ed esclusivamente previo consenso delle persone coinvolte”.
Infine la nota della Curia precisa: “E’ necessario che sia fatta verità, ma è doveroso rispettare il diritto alla buona fama e alla privacy, non solo del sacerdote, la cui colpevolezza deve essere provata, ma anche delle donne che, convinte delle proprie ragioni, hanno avuto il coraggio di segnalare ogni cosa all’autorità competente, sia in ambito civile che ecclesiale”.