«Una gravidanza dura nove mesi e si ha tutto il tempo per prepararsi al momento dell’arrivo di un figlio. Per me e per mia moglie Paola è successo tutto in una settimana ed è stata un’emozione così intensa che mi commuovo ancora a pensarci».
Ed è commovente sentire il racconto del momento in cui, in un grande ospedale del Nord Italia, due genitori, dichiarati da tempo idonei per l’adozione, hanno preso tra le braccia la loro bimba di 25 giorni, partorita sotto anonimato.
Il breve travaglio di Paola e Angelo è stato scandito da una telefonata, un giovedì di settembre del 2006, dall’incontro presso il tribunale dei minori con altre cinque coppie per l’adozione di due neonate non riconosciute alla nascita, dal colloquio con il giudice, dalla delusione per la convinzione che non fosse andato bene, dall’attesa di una chiamata e finalmente dalla comunicazione: «Domani potete venire a prendere la bambina».
La bella notizia è arrivata nel primo pomeriggio del mercoledì successivo. C’era appena il tempo per organizzarsi. Un’amica ha accompagnato in serata i due novelli genitori a cercare tutto quello di cui avevano bisogno per accogliere, la mattina dopo, la neonata.
«Durante il week-end di attesa, cercavamo di non pensarci. Il colloquio in tribunale ci aveva scoraggiato, per via di alcune frasi. Pensavamo che non avrebbero mai scelto noi, ma ovviamente non potevamo smettere di sperare. Ci dicevamo che sarebbe andata come doveva andare». Ed è andata che adesso Angelo e Paola sono i genitori della piccola Alessandra.
La notte prima di andare a prenderla non hanno chiuso occhio. L’agitazione nell’arrivare all’ospedale ha fatto perdere loro la strada. Poi, l’incontro, la bambina tra le loro braccia, una chiacchierata di un quarto d’ora con medici e puericultrici, le firme dei documenti e l’improvvisa consapevolezza di non sapere come si cambia il pannolino a un neonato.
«Alessandra è la nostra gioia e mi viene la pelle d’oca a immaginare quei neonati gettati nei cassonetti. D’altra parte, non posso non pensare alla grandezza del gesto di una mamma che partorisce il suo bambino e lo dà in adozione».
Questa donna fa tre regali in una volta, dice Angelo: «Il primo a una coppia di genitori che, come noi, non può avere figli. Il secondo lo fa al suo bambino, mettendolo al mondo. Il terzo dono è per sé stessa, perché sono convinto che la scelta di abortire provoca una ferita che difficilmente si rimargina».