La tragedia capitata a Roma all’ospedale Pertini lascia attoniti. Il giorno più bello della vita trasformato nel dolore più straziante. Mentre le indagini fanno il loro corso il cuore si stringe intorno a quella mamma perché poteva essere ognuna di noi.
Parto da me: il 7 luglio del 2015 è stata la notte più bella della mia vita. Dopo nove mesi di attesa, la nascita di Bianca la mia prima figlia resta indimenticabile. Gravidanza fisiologica, cesareo programmato stringerla tra le braccia è stato realizzare un sogno. Certo, dall’altra c’erano i dolori di un’operazione chirurgica a tutti gli effetti, le gambe insensibili per ore, l’impossibilità anche solo a mettersi seduta, le contrazioni sotto la ferita a farmi vedere le stelle. Nell’estate più calda degli ultimi anni. Nonostante tutto, nonostante la fatica e l’inesperienza, la prima notte è stata l’esperienza più bella della mia vita. Ricordo ancora quella sensazione di compimento, quel sentimento di non essere mai più sola. C’era lei accanto a me, piccina e fragile, profumata di latte e di Paradiso chiusa dal mio abbraccio e dal cuscino dell’allattamento che avevo messo tra lei e la sponda perché non cadesse dal letto.
Non so dire se sia passato qualcuno quella notte, di certo mi chiesero se volevo tenerla con me o se almeno il primo giorno preferissi lasciarla al nido. Era impensabile separarmi da lei; svegliarmi la mattina dopo e trovarla accanto, non più dentro ma vicina, è stata un’esperienza che resta indimenticabile. Ecco perché, anche sui social, si è scatenata la solidarietà delle altre mamme.
Post su post per dire “ti stringo forte perché quella mamma potevo essere io”. O “quante volte sarebbe potuto succedere” come scrive Amanda. “Non riesco a smettere di pensarci e di pensare a quella donna”. “Che dolore” il commento di Chiara. Una cordata di solidarietà e di ricordi di chi ha voglia di condividere la propria esperienza. Una su tutte, Maria Chiara “Ricordo come fosse ieri, sono passati 27 anni, ma la mamma di Roma potevo essere io. Le prime notti dopo un taglio cesareo d'urgenza in un grande ospedale milanese furono caratterizzate da un semi abbandono da parte del personale e in particolare dall'imposizione del rooming-in, impossibile da gestire subito dopo un'operazione chirurgica, con i dolori, i punti e la flebo... Ma così è stato. E così una notte, forse la terza della vita di Sebastiano, ho deciso con la complicità della vicina di letto, che in condizioni migliori di me mi faceva la gentilezza di portarmi il bambino da allattare quando piangeva, ho deciso di tenerlo accanto a me nel letto e di non riportarlo, faticosamente, nella sua culla in attesa della poppata successiva. Non è successo nulla ma ho sbagliato lo so. L'ho capito dalla "scenata" delle infermiere al mattino, infermiere che tuttavia non si erano curate di me e non avevano mai risposto alle mie richieste d'aiuto. Che dispiacere constatare che non è cambiato nulla”.