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domenica 06 ottobre 2024
 
Narcisismo
 

«Quell’amico che parla soltanto dei suoi ragazzi...»

07/09/2022  "Mi è capitato di scambiare quattro chiacchere con un vecchio amico incontrato per caso. Non ha fatto altro che parlare di sè, della sua famiglia e della carriera dei suoi figli, più o meno coetanei di me. Poi se n'è andato senza nemmeno chiederci come stesse la mia famiglia.. Mi chiedo se alcune persone siano troppo incentrate su se stesse per dar spazio anche agli altri..."

Caro dottore, voglio raccontarle un fatterello accadutomi ed esporle una considerazione. Ho incontrato un amico di famiglia e mi sono fermata a chiacchierare. Abbiamo entrambi due figli tardo adolescenti, più o meno della stessa età. Ha iniziato a parlarmi in dettaglio delle esperienze di lavoro del primo e di quelle scolastiche della seconda, con conseguente viaggio all’estero; dopo avermi ampiamente aggiornato sui figli, mi ha parlato brevemente delle vacanze con la moglie; al termine, mi ha salutato e se ne è andato. Non una domanda di interessamento su di me, su mio marito o i ragazzi. E non si tratta di una persona insensibile o vanitosa, anzi! Del resto, non è l’unico conoscente talmente incentrato sulla propria vita da non chiedere nulla all’interlocutore, non fosse altro che per cortesia. La considerazione è che forse per alcuni le vite dei propri familiari sono così al centro dei pensieri, e probabilmente delle proprie preoccupazioni, da non lasciare molto spazio a quelle degli altri. Che cosa ne pensa?

— Cara Nicoletta, probabilmente sei una “buona ascoltatrice”, una persona che offre ai suoi interlocutori attenzione alle loro parole e apertura ai loro sentimenti. È certamente una buona dote, ma espone alle situazioni che ci racconti. Chi è buon ascoltatore comunica, infatti, spesso una disponibilità a ricevere più che un desiderio di contraccambiare: fa domande interessate, esprime partecipazione, ricorda quanto gli viene detto. È, per così dire, la “vittima” ideale per quelle persone che sono molto concentrate su di sé e sul proprio mondo emotivo.

A volte questi ultimi sono “narcisi” che hanno bisogno di esibire i propri risultati e di enfatizzare le proprie esperienze, riempiendo il loro discorso di tanti “io, io, io”. Le persone come quella che descrivi però non sono tanto concentrate su di sé, ma sui propri figli. Che considerano il bene più prezioso, fonte di gioie ma anche di continue ansie e preoccupazioni: per il futuro di questi ragazzi, per la loro realizzazione e la loro felicità. Parlare diffusamente di loro significa allora rassicurare sé stessi. Si tratta di genitori ansiosi, che non cessano di preoccuparsi dei loro ragazzi anche quando questi ultimi diventano adulti.

Mi sembra che la tua considerazione colga questo aspetto della vicenda. Che fare, allora? Possiamo riconoscere che il loro bisogno è di essere rassicurati e resistere alla tentazione di vantare anche i successi dei nostri ragazzi. Nella conversazione possiamo proporre loro di guardare le buone qualità dei loro figli, come di ogni altro (e quindi anche dei nostri figli), attraverso le esperienze narrate da loro ma anche da noi, perché sono queste le migliori “assicurazioni per la vita” di questi giovani. Senza temere di riconoscerne anche i limiti e le difficoltà, che inevitabilmente ci sono, ma sempre attenti a coltivare uno sguardo sereno e fiducioso

 
 
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