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sabato 19 aprile 2025
 
DIFESA DELLA VITA
 

«Quelle creature buttate via come oggetti di cui disfarsi»

12/11/2020  La presidente del Movimento per la Vita Marina Casini Bandini commenta gli agghiaccianti fatti di cronaca di Trapani e Ragusa: «Sono gesti che nascono dalla paura e dalla solitudine. Bisogna far conoscere le realtà che aiutano le donne in queste condizioni come il Progetto Gemma o le Culle per la vita»

Due agghiaccianti fatti di cronaca a Ragusa e a Trapani, riguardanti due neonati, uno gettato in un cassonetto, l’altro ucciso dopo un volo dalla finestra di un appartamento, ci costringono ancora una volta a fare i conti con il rifiuto e il disprezzo per la vita umana. Anche quando è incarnata da creature fragili ma per natura solitamente capaci di destare tenerezza e senso di protezione. Purtroppo, ci tocca ancora una volta scoprire che non sempre è così. Ne parliamo con Marina Casini Bandini, docente di bioetica e presidente del Movimento per la Vita:

«Sebbene l’esito dei due drammatici fatti accaduti a Ragusa e a Trapani sia stato diverso - un neonato è stato salvato, per l’altro non c’è stato scampo - resta terribile il gesto che ha portato un bimbo appena nato dentro un cassonetto delle immondizie e l’altro lanciato dalla finestra. Un gesto di totale rifiuto. Un gesto che dice solitudine e paura (del giudizio degli altri, delle responsabilità…), disperazione. Una piccola creatura innocente, ricca soltanto della sua umanità, ancora carica di speranza, proiettata nel futuro, con un avvenire tutto da disegnare, buttata via come un oggetto di cui disfarsi, una cosa inutile e inservibile da rottamare. Una scoperta sconvolgente e dolorosa, sia pensando alla bimba sia pensando alla sua mamma».

E proprio nel mese della Convenzione sui diritti del bambino (20 novembre 1989)!

«Purtroppo, non è la prima volta che accadono storie simili. Povertà umane, affettive, spirituali che conducono alla svalutazione della vita umana in un impasto di solitudine e disperazione. Buio. Freddo. In qualche caso, la drammatica situazione si è capovolta in una nuova speranza di vita, come a Ragusa, grazie all’attenzione di chi ha saputo intercettare quel sottilissimo vagito, intravedere quegli impercettibili movimenti. Ma nel caso della bimba di Trapani e in altri tristissimi casi, purtroppo, no. È chiaro che non possiamo fermarci allo sconcerto e alla denuncia, scuotendo la testa sospirando».

Dove nasce tanta povertà umana?

«Non vi è dubbio che situazioni come quelle che hanno portato delle persone (nel primo caso non si sa chi sia stato; nel secondo sicuramente la madre, una ragazza di 17 anni che aveva tenuta nascosta la gravidanza) a compiere gesti così terribili, sono il frutto di un vissuto e/o di un contesto umano che avrebbe dovuto essere aiutato a sfociare in un percorso di risanamento e quindi di accoglienza verso la nuova vita»

Quali proposte per aiutare le ragazze e le donne che affrontano una gravidanza indesiderata vivendo in un contesto che la spinge verso la scelta dell’aborto?

«Dovrebbe essere maggiormente diffusa la conoscenza della rete dei Centri di Aiuto alla Vita (si trovano in ogni regione, isole comprese, e spesso sono abbinati a case di accoglienza) e dei servizi Progetto Gemma e SOS Vita. Deve sapersi che esiste la possibilità di partorire in anonimato che permette alla mamma di dare alla luce il suo bambino in ospedale ricevendo cura e assistenza, in modo da tutelare sia la mamma che il figlio; devono essere note le sedi - spesso associate a ospedali – dove sono installate le “culle per la vita”. È necessario che queste realtà siano conosciute il più possibile. La scarsa informazione su queste opzioni è probabilmente dovuta ad una cultura che cerca di mettere il silenziatore sul bambino nella fase prenatale e di conseguenza non favorisce la conoscenza di strumenti che potrebbero evitare infanticidi e tragici abbandoni»

Se non sono rari i casi di neonati rifiutati appena nati e considerati scarti da buttare, è una moltitudine quella dei bambini che vengono scartati prima di nascere…

«Questo è l’abbandono supremo, perché prima che fisico è mentale: è nel pensiero, nella mente, nel cuore; di questi bimbi viene cancellata anche la possibilità di essere guardati, si vogliono relegare nell’irrilevanza, come se non esistessero; di loro, come esseri umani a pieno titolo, non si deve parlare. Il loro scarto non è uno scarto, ma un “diritto”; non è l’uccisione di un essere umano, ma una “scelta di libertà”; non è un gesto incivile, ma una “conquista”; non è un regresso ma un “progresso” ».

Perché?

«Perché non si vuole riconoscere nel concepito uno di noi. Ma c’è un collegamento stretto tra l’aborto e abbandono di un neonato nel cassonetto o sul ciglio della strada: il rifiuto dell’accoglienza di un altro, del figlio. Quel figlio nella sostanza è sempre lo stesso, sia che sia stato appena concepito, sia che sia appena nato, sia che abbia un mese o due, sia che abbia 3, 4 o 5 anni. È assurdo e irrazionale, quindi invocare l’aborto come alternativa al rifiuto brutale di bambini neonati. È solo un modo per noi adulti, grandi, benpensanti, di non esser disturbati dall’orrore a cui possono portare certi drammi esistenziali, ma non ci scomponiamo se tutto avviene nel grembo materno. È necessario ripartire da quello sguardo che riconosce nel figlio concepito uno di noi, sostenendo le maternità difficili così da restituire alle donne l’innato coraggio dell’accoglienza e condividendo la gioia del sì alla vita»

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