Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
giovedì 23 gennaio 2025
 
ipocrisie
 

Quelle neonate usate come spot per i diritti gay. E tutti ad applaudire

23/02/2017  Emma e Sophia, un mese, sono due bimbe sottratte, dietro compenso economico, a una madre che le ha partorite in Messico e non le rivedrà mai più. E non meritavano di finire sulle passerelle per un delirio narcisistico di due stilisti in cerca di pubblicità che non esitano a sfruttare due neonate per propagandare il presunto diritto delle coppie omosessuali ad avere un figlio. Il tutto tra gli applausi ipocriti di chi ha detto che è un inno alla paternità

Due neonate avvolte in un drappo di seta nera e tenute in braccio, i flash dei fotografi, gli applausi del pubblico e per gradire, tra sete e velluti, sotto forma di stampa, ci sono anche le lastre delle prime ecografie. Sottotitolo: «La casa delle bambole». Le immagini dello stilista russo Sergei Grinko e del suo compagno Filippo Cocchetti che calcano le passerelle milanesi in apertura della settimana della moda tenendo in braccio le loro bimbe di un mese, Emma e Sophia, nate con l’utero in affitto in Messico a novembre, hanno già fatto il giro del mondo suscitando il plauso dei media mainstream: «fiocco rossa sulle passerelle milanesi», «orgoglio e gioia pura per la paternità, al di là di ogni speculazione».

E invece si è trattato di uno spettacolo osceno e decisamente volgare. Cosa c’entra la paternità con due bimbe comprate da una madre surrogata in Messico? Perché esibire due neonate come trofei di caccia tra drappi di seta e flash dei fotografi? Perché trasformarle in uno spot di pessimo gusto per sbandierare un presunto diritto delle coppie omosessuali ad avere un figlio magari facendo shopping in Paesi dove le donne vengono schiavizzate a partorire figli per conto terzi per pochi spiccioli? Perché trasformare in merchandising persino le lastre delle ecografie, che sono qualcosa di intimo e privato, spacciandole per una trovata glamour e originale?

L'invito alla sfilata con le immagini dell'ecografia
L'invito alla sfilata con le immagini dell'ecografia

Se la battaglia è politicamente corretta va bene anche sfruttare due neonate

Emma e Sophia hanno solo un mese, sono due bimbe sottratte, dietro compenso economico, a una madre che le ha partorite in Messico e non le rivedrà mai più. E già questo è moralmente inaccettabile. Ma anche se non fosse così, Emma e Sophia non meritavano di finire sotto lo sguardo famelico delle telecamere per il delirio narcisistico di due stilisti in cerca di pubblicità e di qualche titolo mieloso sui giornali e che nulla ha a che fare con la paternità.

Contestiamo, giustamente, i partiti quando portano i bimbi nei cortei e li strumentalizzano nelle lotte politiche. Contestiamo i reality in Tv quando hanno per protagonisti bambini che diventano delle star. Anche il diritto di cronaca dei giornalisti deve giustamente arrestarsi di fronte a casi che hanno per protagonisti i bambini. E poi ci inchiniamo ipocritamente a chi porta sulla passerella due bimbe esibendole come se fossero delle borse. Ma se il fine è politicamente corretto allora va bene tutto. Il trionfo dell'ipocrisia.

Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
I vostri commenti
75

Stai visualizzando  dei 75 commenti

    Vedi altri 20 commenti
    Policy sulla pubblicazione dei commenti
    I commenti del sito di Famiglia Cristiana sono premoderati. E non saranno pubblicati qualora:

    • - contengano contenuti ingiuriosi, calunniosi, pornografici verso le persone di cui si parla
    • - siano discriminatori o incitino alla violenza in termini razziali, di genere, di religione, di disabilità
    • - contengano offese all’autore di un articolo o alla testata in generale
    • - la firma sia palesemente una appropriazione di identità altrui (personaggi famosi o di Chiesa)
    • - quando sia offensivo o irrispettoso di un altro lettore o di un suo commento

    Ogni commento lascia la responsabilità individuale in capo a chi lo ha esteso. L’editore si riserva il diritto di cancellare i messaggi che, anche in seguito a una prima pubblicazione, appaiano  - a suo insindacabile giudizio - inaccettabili per la linea editoriale del sito o lesivi della dignità delle persone.
     
     
    Pubblicità
    Edicola San Paolo