«Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte… Non si ripeta per favore». Il Papa a Lampedusa, appena tre mesi fa aveva ricordato la tragedia dei morti nel Mediterraneo e aveva chiesto a tutti di impegnarsi perché il dramma non si ripetesse.
«Prima di arrivare qui», aveva detto l’8 luglio, «sono passati per le mani dei trafficanti, coloro che sfruttano la povertà degli altri, queste persone per le quali la povertà degli altri è una fonte di guadagno. Quanto hanno sofferto! E alcuni non sono riusciti ad arrivare».
Oggi come allora risuona il richiamo forte di papa Francesco che chiede conto a Caino, a tutti noi, «Dov’è il tuo fratello?». La domanda che è tuonata a Lampedusa torna a essere attuale: «Chi è il responsabile di questo sangue? Nella letteratura spagnola c’è una commedia di Lope de Vega che narra come gli abitanti della città di Fuente Ovejuna uccidono il Governatore perché è un tiranno, e lo fanno in modo che non si sappia chi ha compiuto l’esecuzione. E quando il giudice del re chiede: “Chi ha ucciso il Governatore?”, tutti rispondono: “Fuente Ovejuna, Signore”. Tutti e nessuno! Anche oggi questa domanda emerge con forza: Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io. Ma Dio chiede a ciascuno di noi: “Dov’è il sangue del tuo fratello che grida fino a me?”».
Anche oggi le due domande di Dio «Adamo, dove sei?» e «Caino, dov’è tuo fratello?» richiedono la nostra risposta. «L’uomo dopo il peccato è disorientato», aveva spiegato il Papa. «Ha perso il suo posto nella creazione perché crede di diventare potente, di poter dominare tutto, di essere Dio. E l’armonia si rompe, l’uomo sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con l’altro che non è più il fratello da amare, ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere. Il sogno di essere potente, di essere grande come Dio, anzi di essere Dio, porta ad una catena di sbagli che è catena di morte, porta a versare il sangue del fratello! ».
Due domande che «risuonano anche oggi, con tutta la loro forza! Tanti di noi, mi includo anch’io», aveva detto Francesco, « siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri. E quando questo disorientamento assume le dimensioni del mondo, si giunge a tragedie come quella a cui abbiamo assistito».