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venerdì 31 marzo 2023
 
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Quelle porte aperte dei parigini segno che il terrore non vincerà

14/11/2015  Se #jesuischarlie a gennaio fu una reazione istintiva ma piena di distinguo e intellettualmente capziosa, #PorteOuverte è una reazione diversa, ricca di umanità e carità. Il segno che o ci si salva tutti insieme o no. Ecco perché il terrore non ha vinto neppure nella notte di Parigi

Frontiere chiuse come in Francia non succedeva da settant’anni e porte aperte. Quelle delle case dei parigini per accogliere e offrire un rifugio alle persone in pericolo. Sembra un paradosso. Ma è la reazione della gente comune, dal basso, a dirci che il terrore non ha vinto neppure nella tragica notte di Parigi. L’hashtag #PorteOuverte in poche ore è diventato virale sui social network. Subito sono partite offerte di aiuto in francese, inglese e tedesco: «Mia sorella apre la casa tra Bastiglia e Voltaire», «se siete a Boulevard Voltaire verso St Ambrose, scrivetemi». O ancora: «I have beds in Boulogne. I speak english». Bernardo, a Parigi da due mesi per una borsa di studio, ha offerto la sua casa che si trova a Guy Moquet, nel 18esimo Arrondissement a quattro fermate dallo stadio. Su Twitter correvano messaggi come questo: «Place des Fêtes Paris 19. Abbiamo birra e te. Coraggio» o «rue de Turenne al marais. Non ci sono letti, ma vi accogliamo per riscaldarvi, confortarvi e trovare una soluzione» si sono succeduti sin dall’inizio dell’emergenza».

La notte di Parigi squassata dal terrore di matrice islamista è stata illuminata da questa reazione immediata, semplice, forse istintiva ma sicuramente preziosa per chi vuole annientare le nostre libertà, abitudini, svaghi. Con la metropolitana bloccata e la città in panico, i taxisti hanno spento i tassametri e si sono messi ad accompagnare le persone che fuggivano e soccorrere feriti portandoli negli ospedali.
Quando sabato mattina la città si è svegliata oltraggiata dal sangue innocente delle vittime, molti cittadini, parigini e turisti, si sono messi in fila per donare il sangue e aiutare i feriti. Nell’area metropolitana hanno aperto 19 centri per la donazione e «tutti sono stati invasi da parigini e turisti che sono venuti spontaneamente a donare il sangue», ha dichiarato il dottor Djamel Benomar dello Stabilimento francese per il sangue (Efs).  

I terroristi potranno esultare, come hanno fatto con video e messaggi deliranti, per aver insanguinato la città ma non potranno esultare per averla annientata. Mentre la Tour Eiffel si spegneva in segno di lutto e le bandiere venivano ammainate e listate a lutto, mentre nel Bataclan si sparava ancora e molti si calavano dalle finestre per sfuggire alla morte, una città intera si rimboccava le maniche e si dava da fare. Non si arrendeva, non cedeva alla barbarie. Se #jesuischarlie a gennaio fu una reazione istintiva ma piena di distinguo e intellettualmente capziosa, #PorteOuverte è una reazione diversa, ricca di umanità e carità spontanee. Il segno più forte che o ci si salva tutti insieme oppure no. Ecco perché il terrore non ha vinto neppure nella notte di Parigi. Neppure di fronte a terroristi che hanno sparato e ucciso nei luoghi della nostra libertà e dolce quotidianità: lo stadio, il ristorante, un teatro.

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