Lo Stabile di Torino non si è mai fermato, nonostante le restrizioni dovute al contenimento della pandemia: è un microcosmo, un’isola felice in cui registi, attori, tecnici, maestranze, che, nella maggioranza dei teatri italiani sono fermi da un anno, possono invece lavorare, allestendo sette nuovi spettacoli.
«Non possiamo che pensare che tutto finisca, ma ci viene richiesto un supplemento di pazienza» spiega Valerio Binasco, attore, regista e Direttore artistico del Teatro di Torino «noi, come Stabile, stiamo facendo uno sforzo economico importante, pagando artisti e maestranze, e, appena sarà possibile, saremo pronti a debuttare con le nuove produzioni. Abbiamo sempre usato le nostre sale prove, a ritmo continuo, con un investimento indirizzato al futuro, poiché far circolare lavoro e arte ha un’urgenza non solo artistica e culturale, ma è anche un modo di usare le nostre potenzialità verso un futuro di ripresa che iniziamo a intravvedere, anche se non sarà immediato. Non è stato facile per i lavoratori dello spettacolo mantenere la motivazione, nell’attesa di un debutto che viene continuamente rimandato, così siamo ricorsi alle energie residue, abbiamo imparato che il verbo “credere” è più importante del verbo “volere”, così crediamo nel nostro lavoro, al di là di volere andare in scena nell’immediato. Inoltre a Torino siamo in una posizione di privilegio, rispetto ad altri colleghi che non lavorano, mentre noi abbiamo potuto usufruire di guadagni passati per investire in un presente incerto, anche se il gesto può sembrare folle».
Così regista, scenografo, costumista, truccatore, attori si sono calati totalmente nell’allestimento di Le sedie, confrontandosi quotidianamente fra loro a Moncalieri, in cui si trovano sala prove, teatro, abitazioni per gli artisti che convivono, facendo un tampone ogni tre giorni. In Le sedie due anziani, che si amano profondamente, sono in una sala ad attendere gli ospiti per una conferenza, tra sedie vuote, che sperano di riempire, e ingannano l’attesa, parlando del passato e del futuro incerto; il testo di Ionesco diviene così di stringente attualità, nella metafora dell’attesa di un pubblico che non può ancora andare a teatro, al cinema, ai concerti.
L’interprete femminile di Le sedie è Federica Fracassi che descrive l’atmosfera in cui stanno provando, con passione, senza scoraggiarsi, pur non avendo ancora una data precisa del debutto: «Avevo già lavorato diretta da Binasco e sono felicissima, a Moncalieri si è creata una alchimia meravigliosa tra noi attori, il regista e le maestranze, poiché possiamo incontrarci, assaporando a tempo pieno la magia del teatro con un progetto entusiasmante. Io non ho mai perso l’energia e la voglia di fare, cercando di stare in ascolto, poiché tante dinamiche del nostro lavoro sono diverse dal solito e tante ancora mi restano oscure, poiché non abbiamo nessuna certezza, ma per me è sempre meglio fare che non fare, quindi recito con entusiasmo e passione, costruendo questo personaggio che sembra un clown malinconico. Michele ed io, infatti, abbiamo costruito una coppia che è una sola anima, e, in uno scenario apocalittico, come dopo una catastrofe, ragiona sul senso della vita. Sono felice di essere su un palcoscenico, dopo tanti mesi di disperazione sulle prospettive future; in questo periodo ho lavorato molto utilizzando la voce in radio e creando podcast, poiché ritengo che lo streaming non possa sostituire il teatro, ma sono convinta, invece, che, avendo potenziato le riprese video degli spettacoli, avremo molti materiali d’archivio utili anche per gli studiosi e per documentare e testimoniare che il teatro non si è mai fermato.»
Prosegue Binasco: «Ionesco è un grande autore, in parte dimenticato, ma straordinariamente attuale. Racconta, con una vena malinconica e poetica, l’ultimo giorno di vita di due anziani che aspettano l’arrivo del pubblico e, inconsapevolmente, ha proposto allusioni forti a quello che stiamo vivendo noi oggi. Sembra che io abbia modificato il testo originale poiché identifica questo tempo sospeso con infinita dolcezza e sarcasmo; invece non ho pensato di cavalcare la cronaca, altrimenti avrei allestito Il gioco dell’epidemia di Ionesco o La peste di Camus. La scenografia è un luogo metaforico e realistico, un palcoscenico pieno di sedie vuote, ma anche una realtà distopica, un rifugio per i protagonisti, un luogo abbandonato, ma sicuro, mentre fuori si immagina ci sia stata una catastrofe, altra chiara allusione al presente.»
Binasco, terminata l’intervista, tornerà ad ascoltare il figlio tredicenne suonare la batteria e si dedicherà a quelli che definisce “giorni benedetti” in cui, libero dal lavoro, può trascorrere tempo con i suoi due figli adolescenti, Billy e Stella, e conclude: «Io non so cosa avrei fatto al posto dei ragazzi di oggi, privati della socialità. Dobbiamo ancora capire cosa davvero sia successo a loro interiormente, hanno dovuto vivere proprio il momento in cui si affacciano al mondo della conoscenza, con una visione solo negativa. La mia generazione ha sempre pensato che ci sarebbe stato il progresso, mentre questa è la prima generazione che non ha un futuro positivo davanti, hanno pertanto tutta la mia comprensione anche dell’insofferenza che stanno dimostrando.»
LE SEDIE di Eugène Ionesco. Traduzione Gian Renzo Morteo. Con (in ordine alfabetico) Michele Di Mauro, Federica Fracassi. Regia di Valerio Binasco. Scene e luci di Nicolas Bovey. Costumi di Alessio Rosati. Musiche di Paolo Spaccamonti. Assistente regia Giordana Faggiano. Assistente scene Nathalie Deana. Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale. Info: www.teatrostabiletorino.it, tel. 011 5169411, info@teatrostabiletorino.it