Guardo le mascherine trasparenti che dovrebbero mettere gli insegnanti su indicazione del ministero dell’Istruzione e mi sorge un dubbio: ma è proprio necessario? Non nel senso della mascherina, che è sacrosanta, ma mi chiedo perché i docenti dovrebbero calzare quelle grottesche caricature che mostrano, come dal dentista, la bocca e la chiostra dei denti. D’accordo, il labiale aiuta, ma non mi pare sufficiente per una bruttura simile, da cartone animato, che rischia di spaventare gli allievi più piccini. Anche la distanza tra i banchi, francamente, mi pare irrilevante: può bastare un semplice metro a non diffondere un contagio che nelle corsie degli ospedali si è rivelato estremamente pervasivo?
E anche quei banchetti con le rotelle, come i trolley degli aeroporti, che senso hanno? A evitare la lezione “frontale”, certo, ma mi pare già di sentire il rumore delel rotelle e il via vai di banchi in giro per la classe per i più irrequieti, che a quell’età (per fortuna) sono tanti. Alle medie avevo un compagno (si chiamava Gorini) che non ha mai fatto più di due ore seduto in tutto l’anno scolastico, per il resto del tempo era sempre in piedi. Chissà che fine ha fatto: certamente lavora a un bancone, o a una reception, certo non dove c’è una scrivania. E soprattutto chissà che avrebbe combinato con un banco con le rotelle.
A questo pensavo in questi giorni in cui la fantasia fai-da-te dei dirigenti scolastici si sta scatenando più che all'Ikea. Le difficoltà paventate sono un classico esempio di come l’interpretazione dell’autonomia scolastica, prevista fin dal 1977 con la legge Bassanini, possa essere un’arma a doppio taglio. Se male interpretata, se decontestualizzata dal sistema (cittadino, nazionale, formativo) si trasforma in anarchia e non in una buona pratica tesa a migliorare la risorsa più importante di cui dispone una società civile. Prendete i doppi turni: se non ci si mette d'accordo con il trasporto pubblico diventano un disastro per le famiglie e il traffico locale.
Certo, si capiscono i malumori: prevedere diversi orari di entrata e di uscita e doppi turni comporta un supplemento di lavoro, un carico organizzativo e tante difficoltà da parte dei dirigenti e del personale scolastico. Ma siamo all’anno zero della scuola e quello di una nuova, radicale organizzazione è una delle sfide che ci attendono, come gli ingressi scaglionati o contingentati per evitare pericolosi assembramenti forieri di contagio. Pensare che si possa tornare in classe come nei precedenti anni scolastici è una follia, perché vuol dire non capire che dopo il Covid, che è ancora tra noi, niente sarà più come prima, non solo nell’organizzazione aziendale ma anche tra i banchi. La nozione di smart working, soprattutto dell’aggettivo “smart” che vuol dire “brillante”, ”intelligente”, “flessibile” deve applicarsi anche al pianeta scuola. Ma pare che molti presidi fatichino a capire. Altri invece hanno peccato di fantasia.
Sempre meglio, sia detto per inciso, delle “defezioni” dei professori che hanno marcato visita per non tornare a insegnare per paura di rimanere contagiati. Non mi pare un esempio di abnegazione, anche per rispetto a tanti medici e infermieri che sono rimasti vittime del maledetto Covud-19. E’ vero, la professione del docente non è quella del medico e il coraggio non tutti i professori se lo possono dare: ma che diranno ai loro allievi quando torneranno in classe e dovranno spiegare il primo capitolo dei Promessi Sposi dedicato a don Abbondio? Ha dichiarato il ministro Azzolina «non si potrà perdere neanche un minuto del monte orario». Si potranno creare nuovi spazi di “edilizia leggera” per aumentare le distanze: quanti hanno lasciato perdere per non incorrere nei “niet” della Provincia, che ha la delega dell’edilizia scolastica?
Bisognerà indossare la mascherina in uscita e in entrata (gli immunodepressi anche in classe), nei corridoi e nelle aree di passaggio. Verrà misurata la temperatura di docenti e alunni: immaginatevi le difficoltà, anche se il ministro ha chiarito che la responsabilità delle misurazioni è delle famiglie. Anche gli ambienti e le superfici richiederanno un supplemento di igiene, dovendo disinfettare tutto il più possibile ripetutamente (nei corridoi dovrà essere presente il gel igienizzante). Le modalità della mensa andranno ripensate. Nelle aule dovrà mantenersi una distanza di almeno due metri quadrati tra banco e banco e tra cattedra e banco ma io ho visto un sacco di articoli e video in cui orgogliosamente il dirigente mostrava alla telecamere che c’era un metro di distanza.
Insomma, quest’anno il ritorno a scuola è un ritorno alla normalità “ammaccata”: ci sarà da recuperare la capacità di ascolto e di insegnamento, bisognerà affrontare un nuovo modo di far lezione. E forse anche per motivi organizzativi l’essersi sbarazzati delle lezioni in webinair, ovvero via Internet, pur con tutte le difficoltà (e diseguaglianze per chi non disponeva di un buon pc o della wi-fi) che questo metodo comportava, è stata una decisione un po’ troppo frettolosa da parte del ministro dell’Istruzione. Ma così è (se vi pare). Sta per ripartire un altro difficilissimo anno, sperando che non sia solo un altro giro di giostra al rallentatore o, peggio, un ballo in maschera.