«Nessun trattamento di favore per il gruppo di attori con la sindrome di Down, io li ho trattati da colleghi come tutti gli altri». Si respira aria di normalità nella fiction Ognuno è perfetto (in onda su Rai 1 il 16, 17 e 23 dicembre), come ci tiene subito a precisare Edoardo Leo, il protagonista, nei panni del padre un po’ apprensivo di Rick (Gabriele Di Bello), un ragazzo con la sindrome che vuole a tutti i costi lavorare e trova un impiego nella cioccolateria di Miriam (Cristiana Capotondi). Lì incontra Tina (Alice De Carlo) e si innamora. Quando Tina viene rimpatriata a forza con la madre in Albania da due uomini di malaffare, Rick decide di partire per un rocambolesco viaggio nei Balcani, seguito a ruota dal padre.
«Era dal 2010 che non lavoravo in televisione», spiega Leo, «ma mi sono deciso a partecipare a questo progetto convinto della bontà del messaggio. Rompe una serie di tabù che ancora resistono nei confronti dei disabili, che invece hanno diritto ad amare, ad avere un lavoro e una vita sessuale».
La vicenda non viene raccontata come una favola, ma è molto realistica e ha portato il gruppo di attori sul set per cinque mesi, da Torino fino in Croazia, Serbia e Albania. «Abbiamo partecipato a una grande avventura», continua Leo, «finendo in posti da lupi tra le montagne. Ma abbiamo vissuto fianco a fianco, non solo durante le riprese, ma da colazione a cena. In quanto al rapporto con Gabriele, mi sono sentito davvero suo padre e mi è anche capitato di rimproverarlo duramente quando ce n’era bisogno, ma il bello è che si è instaurata tra noi un’amicizia che rimarrà per sempre e ancora adesso ci sentiamo per telefono almeno una volta alla settimana: scherziamo, ci prendiamo in giro».
Edoardo Leo, che è anche regista, alterna ruoli brillanti, come in Smetto quando voglio, a ruoli più drammatici, come in La dea fortuna, il film di Özpetk che uscirà il 19 dicembre. È impegnato anche a teatro e il 27 e 28 dicembre sarà a Roma con lo spettacolo Ti racconto una storia. «Non ho un tipo di ruolo preferito, anche se posso dire che la commedia è il mio datore di lavoro principale. Mi piacciono i film belli e sono molto meticolo so nella scelta dei progetti e credo che in questo caso la Rai abbia perfettamente assolto il suo ruolo di servizio pubblico».
Chiediamo poi a Edoardo Leo se la laurea in Lettere gli sia servita nel suo lavoro nello spettacolo: «Essermi nutrito all’università di grandi capolavori mi ha aiutato a saper leggere i copioni. Mi accorgo se una scrittura è banale. Quando studiavo e già recitavo avevo in mente anche un piano B: fare l’insegnante, perché al liceo ho avuto un professore molto in gamba che mi aveva stregato. Facevo già le tournée ed è stato faticoso laurearmi, ma ci tenevo. La mia tesi era in Sociologia della letteratura, su Gadda, in quanto avevo visto lo straordinario spettacolo di Luca Ronconi su Quer pasticciaccio brutto di via Merulana».
A scuola se l’è cavata bene anche Gabriele Di Bello, che ha conseguito la maturità alberghiera con il voto di 80. La sindrome non l’ha mai ostacolato nel perseguire i suoi tanti obiettivi. Lo raggiungiamo al telefono nella sua casa di Tivoli il giorno di riposo dal suo lavoro in un fast food: «Quando ho saputo tramite l’Associazione delle persone con la sindrome di Down che cercavano attori per questa fiction non volevo andare, ma la mia fidanzata Alice (la Tina della fiction) si è recata ai provini e ha voluto che l’accompagnassi. Lì mi hanno visto e mi hanno reclutato, nel ruolo del protagonista per di più. Io già recitavo. Faccio parte di una compagnia teatrale e ho partecipato a una docufiction sui ragazzi con sindrome di Down, Hotel 6 stelle, ed è lì che ho conosciuto Alice. Lei vive a Roma e ogni domenica i miei genitori mi accompagnano. La nostra idea è quella di andare a vivere insieme e sposarci. Siamo fidanzati da cinque anni».
Gabriele è davvero vulcanico. Fa tanto sport e ha vinto quest’anno gli Special Olympics a Dubai nei 50 metri di nuoto stile libero. Pratica anche atletica con piazzamenti nazionali nei 100 metri piani, fa gare di bowling e balla l’hip hop con un gruppo di quattro ragazzi di cui è il solo disabile.
«Ha una volontà di ferro», dice la madre, Anna Rita Casolini di Sersale, «è un leone e sin da piccolino ha fatto di tutto. Noi abbiamo scoperto dopo la nascita che aveva la sindrome, ma l’abbiamo accettato serenamente. Gli abbiamo fatto seguire molteplici attività, la piscina, la batteria, con grandi risultati. È anche celiaco e ricordo che quando aveva 7 anni rifiutarono di servirci in un ristorante dell’Umbria e lui arrabbiatissimo disse che da grande avrebbe voluto aprire un ristorante tutto suo dove nessuno sarebbe rimasto escluso. Per questo ha poi frequentato l’alberghiero. I ragazzi come lui sono persone con una vita serena, il problema sono gli altri che sono convinti del contrario e li compatiscono. Questa fiction tratta la loro condizione per la prima volta senza stereotipi e spero faccia capire al pubblico che loro possono fare qualsiasi cosa, come tutti».