La nave della Ong Proactiva Open Arms. In copertina: Riccardo Gatti con due membri dell'equipaggio.
«Vedere che i nostri governi disprezzano la vita umana fa male. Vedere che queste scelte politiche provocano morte e fanno soffrire le persone è difficile da accettare. Noi siamo qui, in mare, con i 151 naufraghi a bordo. Noi siamo qui, da 13 giorni. Abbiamo chiesto l’indicazione di un porto sicuro e di potervi dirigerci all’Italia, a Malta, alla Spagna. Tutte lo hanno negato. Continuiamo a chiedere…».
Voce calma, stanca ma ferma. Riccardo Gatti, capomissione di Open Arms e Presidente di Open Arms Italia un paio di giorni fa ha riaccompagnato a terra Richard Gere dopo la visita alla nave dei migranti bloccata in mezzo al Mediterraneo e ha approntato un carico di approvvigionamenti: «Dobbiamo pensare a 500 pasti al giorno. Da quando abbiamo soccorso i gruppi di naufraghi migranti ne abbiamo già distribuiti più di 4.000. La situazione non è affatto semplice».
Richard Gere durante una conferenza stampa a Lampedusa, 10 agosto 2019, accanto a lui Riccardo Gatti e un altro dei dirigenti di Proactiva Open Arms.
L’imbarcazione aveva effettuato un primo intervento di soccorso fra il 1° e il 2 agosto per un gruppo di 121 persone, e un secondo, nella notte del 10 agosto, su un altro gommone che stava affondando.
Ora il tempo si anche messo al brutto. La nave della Ong spagnola ha chiesto di potersi avvicinare sottocosta per mettersi al riparo dalla burrasca, prevista con onde di due metri e mezzo, «ma anche questa richiesta è stata rifiutata sia da Malta che dall’Italia. La Tunisia non ha nemmeno risposto», aggiunge Gatti.
L'Open Arms durante un'operazione di soccorso.
Considerando i membri dell’equipaggio (9 persone) e il team di soccorso, oltre alle persone salvate in mare, sono altri 19 a bordo della Open Arms: 170 in tutto.
«L’atteggiamento dei Paesi europei è vergognoso», sottolinea il dirigente di Proactiva Open Arms. «I divieti e i silenzi di chi ha il dovere di consentirci di mettere in salvo questi naufraghi fa indignare. Noi stiamo rispondendo a un dovere morale e di rispetto dei diritti umani. Coloro che ci stanno costringendo a rimanere al largo con questo carico di sofferenza a bordo li sta violando, l’uno e gli altri. Di questo prima o poi dovranno rispondere. Impedire di sbarcare i migranti è ostacolare il dovere di soccorso in mare».
Il veliero della Open Arms che assicura gli approvvigionamenti alla nave madre.
L’Organizzazione non governativa ha anche presentato un esposto alle Procure di Roma e di Agrigento e al Tribunale dei minori di Palermo chiedendo ai magistrati di verificare se il divieto all’ingresso nelle acque territoriali italiane «non rappresenti una fattispecie di reato», in particolare riguardo ai 32 minori a bordo, dei quali 28 sono non accompagnati. L’esposto-denuncia chiede anche «di individuarne i responsabili e di adottare gli opportuni provvedimenti affinché cessi la situazione di privazione della libertà in cui quelle stesse persone si trovano».
Il Tribunale dei minori di Palermo, a sua volta, ha chiesto "chiarimenti" ai ministri Matteo Salvini, Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli (che hanno firmato il divieto d'ingresso per la Open Arms): costringere i minori a rimanere a bordo – hanno scritto i legali di Open Arms – "equivale, di fatto, a un respingimento". Che è inammissibile in ogni caso: i minori devono sempre e comunque essere accolti e protetti.