Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
venerdì 04 ottobre 2024
 
 

Quote rosa sempre più nere

19/09/2012  Presentato il rapporto "Mamme nella crisi": in Italia le donne con figli sono penalizzate. Se poi c'è di mezzo un lavoro...

La crisi non guarda in faccia nessuno ma se si tratta di donne, madri, moglie e lavoratrici, a quanto pare, si gira proprio dall'altra parte. Due donne su tre sono attualmente senza lavoro se ci sono due figli; sono salite a 800mila le interruzioni di lavoro forzate negli ultimi due anni; risultano inattive il 36,4% delle donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni. Numeri che fanno paura e del cui impatto sulle famiglie italiane non è ancora possibile cogliere fino in fondo la portata. Il dossier "Mamme nella crisi" presentato ieri dall'associazione Pari e dispare, da Save thechildren e dalla rivista InGenere con la partecipazione del ministro Elsa Fornero e del vice presidente del Senato Emma Bonino è una fotografia impietosa della società italiana di oggi, un ritratto che va oltre gli effetti direttamente connessi con la crisi economica e fa emergere antichi (?) retaggi: il tasso di occupazione femminile è in caduta libera; i servizi per l'infanzia sono insufficienti per la mancanza di fondi, di strutture e, va detto, anche di una mentalità più moderna che, senza raggiungere le eccellenze dei Paesi del Nord Europa deve essere maggiormente capace di stare al passo con i tempi e con le esigente delle persone; conciliare famiglia e lavoro è diventato un privilegio che in pochi si possono permettere poiché la coperta, a un certo punto, risulta comunque troppo corta; il tasso di natalità, nonostante la spinta delle famiglie immigrate, resta basso. Messe all'angolo, costrette a non scegliere, impossibilitate a prendere in mano il destino delle proprie vite: tutti fattori che, mescolati in un mix micidiale, determinano una maggiore incidenza della povertà sui bambini e sugli adolescenti, cioè sul futuro del nostro Paese. Dello spread, in questi mesi, gli italiani hanno imparato a capire il significato e l'importanza, ma oltre a quello che interessa i tassi finanziari ce n'è uno che coinvolge direttamente il rischio di povertà tra minori e adulti in Italia: bene, siamo all'8,2%, con il 22,6% dei minori "in bilico" contro il 14,4% dei maggiorenni.

L'occupazione femminile nel 2010 si è attestata al 50,6% per le donne senza figli, quasi 12 punti percentuali in meno rispetto alla media europea; per le mamme con un figlio under 15 la percentuale scende al 45,5%, per poi crollare di altri 10 punti (35,9%) per chi ha due figli. Secondo i dati raccolti, sarebbero circa 800mila le donne che, tra il 2008 e il 2009, comunicata la propria gravidanza si sono ritrovate, direttamente o "su invito", senza lavoro. Sono l'8,7% del totale le donne costrette a interrompere il lavoro per la nascita di un figlia, quattro volte di più rispetto a quello che succedeva nel 2003 con una percentuale ferma al 2%. E ancora, si legge nel rapporto, "Dal punto di vista dell’orario di lavoro, l’incremento fatto registrare negli ultimi anni dal lavoro part-time deve essere letto attentamente, in tempo di crisi, soprattutto per le madri lavoratrici, visto che è dovuto quasi esclusivamente all’aumento del part-time involontario, non scelto cioè come opzione ma accettato per la mancanza di occasioni di lavoro a tempo pieno, con una percentuale nel 2010 del 45,9% sul totale dell’occupazione a tempo ridotto, quasi il doppio della media UE27 (23,8%)". In cima alla lista, la categoria più colpita in questo senso, è quella delle mamme di origine straniera per le quali, già con la nascita del primo figlio, sono vittime di un aumento significativo dell'indice di deprivazione materiale dal 32,1% al 37% contro il 13,3% e il 14,9% delle mamme italiane e delle mamme sole. Dei 3 milioni e 855mila donne tra i 18 e il 29 anni, il 71,4% vive con i genitori. E non sono certo tutte "bamboccione": costruirsi un futuro, rendersi indipendenti, è per molte un sogno che rimane tale a colpi di contratti a progetto, contratti atipici, contratti a tempo determinato che impediscono di fare il benché minimo progetto per il futuro... e nemmeno per il presente.

Tutelare famiglie e bambini non è mai stata esattamente una priorità nell'agenda politica degli ultimi anni: nel 2009 la cifra destinata alla protezione sociale per le famiglie e i minori ammontava all'1,4% del Pil, quando nel resto d'Europa la media è del 2,3%. A farne le spese sono i servizi, anche quelli di base: in Italia ne usufruiscono solo il 13,5% dei bambini di età inferiore ai 3 anni quando l'obiettivo fissato dall'Europa parla del 33%. Addirittura, in Campania, i bambini che accedono ai servizi sono il 2,4%, praticamente 3 bambini su 100. Storia vecchia anche quella del contributo che i maschi danno in casa per le faccende domestiche: il loro impegno, seppur in crescita costante negli ultimi anni, si ferma a 1 ora e 53 minuti al giorno, contro le 5 ore e 47 minuti delle loro coetanee femmine.


«La crisi non può e non deve essere un alibi per non affrontare subito le difficoltà specifiche e i divari di genere che ricadono sulle mamme e inevitabilmente sulla condizione dei loro figli, come emerge chiaramente nei dati del dossier Mamme nella Crisi di Save the Children», ha dichiarato Raffaela Milano, Direttore Programmi Italia-Europa di Save the Children. «Inserimento e permanenza delle mamme nel mondo del lavoro sono elementi imprescindibili, perché non si può chiedere ad una donna di scegliere tra lavoro e maternità come se fossero percorsi di vita inconciliabili. Il rafforzamento della rete dei servizi di cura, poi, rappresenta non solo un presupposto necessario per l’accesso al lavoro delle attuali o future mamme ma anche una spinta allo sviluppo stesso dell’occupazione femminile. Perché si possa determinare un vero cambiamento di rotta, bisogna tenere conto prima di tutto delle aree specifiche di vulnerabilità che il dossier mette in evidenza, come le mamme di origine straniera, quelle che vivono nelle regioni del sud e le mamme sole con bambini, ma anche e forse soprattutto le giovani donne che si affacciano oggi al mondo del lavoro in mezzo a mille difficoltà».

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo