La crisi non guarda in faccia nessuno ma se si tratta di
donne, madri, moglie e lavoratrici, a quanto pare, si gira proprio dall'altra
parte. Due donne su tre sono attualmente senza lavoro se ci sono due figli;
sono salite a 800mila le interruzioni di lavoro forzate negli ultimi due anni;
risultano inattive il 36,4% delle donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni.
Numeri che fanno paura e del cui impatto sulle famiglie italiane non è ancora
possibile cogliere fino in fondo la portata. Il dossier "Mamme nella
crisi" presentato ieri dall'associazione Pari e dispare, da Save thechildren e dalla rivista InGenere con la partecipazione del ministro Elsa
Fornero e del vice presidente del Senato Emma Bonino è una fotografia impietosa
della società italiana di oggi, un ritratto che va oltre gli effetti
direttamente connessi con la crisi economica e fa emergere antichi (?) retaggi:
il tasso di occupazione femminile è in caduta libera; i servizi per l'infanzia
sono insufficienti per la mancanza di fondi, di strutture e, va detto, anche di
una mentalità più moderna che, senza raggiungere le eccellenze dei Paesi del
Nord Europa deve essere maggiormente capace di stare al passo con i tempi e con
le esigente delle persone; conciliare famiglia e lavoro è diventato un
privilegio che in pochi si possono permettere poiché la coperta, a un certo
punto, risulta comunque troppo corta; il tasso di natalità, nonostante la
spinta delle famiglie immigrate, resta basso. Messe all'angolo, costrette a non
scegliere, impossibilitate a prendere in mano il destino delle proprie vite:
tutti fattori che, mescolati in un mix micidiale, determinano una maggiore
incidenza della povertà sui bambini e sugli adolescenti, cioè sul futuro del
nostro Paese. Dello spread, in questi mesi, gli italiani hanno imparato a
capire il significato e l'importanza, ma oltre a quello che interessa i tassi
finanziari ce n'è uno che coinvolge direttamente il rischio di povertà tra
minori e adulti in Italia: bene, siamo all'8,2%, con il 22,6% dei minori
"in bilico" contro il 14,4% dei maggiorenni.
L'occupazione femminile nel 2010 si è attestata al 50,6% per
le donne senza figli, quasi 12 punti percentuali in meno rispetto alla media
europea; per le mamme con un figlio under 15 la percentuale scende al 45,5%,
per poi crollare di altri 10 punti (35,9%) per chi ha due figli. Secondo i dati
raccolti, sarebbero circa 800mila le donne che, tra il 2008 e il 2009,
comunicata la propria gravidanza si sono ritrovate, direttamente o "su
invito", senza lavoro. Sono l'8,7% del totale le donne costrette a
interrompere il lavoro per la nascita di un figlia, quattro volte di più
rispetto a quello che succedeva nel 2003 con una percentuale ferma al 2%. E
ancora, si legge nel rapporto, "Dal punto di vista dell’orario di lavoro,
l’incremento fatto registrare negli ultimi anni dal lavoro part-time deve
essere letto attentamente, in tempo di crisi, soprattutto per le madri
lavoratrici, visto che è dovuto quasi esclusivamente all’aumento del part-time
involontario, non scelto cioè come opzione ma accettato per la mancanza di
occasioni di lavoro a tempo pieno, con una percentuale nel 2010 del 45,9% sul
totale dell’occupazione a tempo ridotto, quasi il doppio della media UE27
(23,8%)". In cima alla lista, la categoria più colpita in questo senso, è
quella delle mamme di origine straniera per le quali, già con la nascita del
primo figlio, sono vittime di un aumento significativo dell'indice di
deprivazione materiale dal 32,1% al 37% contro il 13,3% e il 14,9% delle mamme
italiane e delle mamme sole. Dei 3 milioni e 855mila donne tra i 18 e il 29
anni, il 71,4% vive con i genitori. E non sono certo tutte
"bamboccione": costruirsi un futuro, rendersi indipendenti, è per
molte un sogno che rimane tale a colpi di contratti a progetto, contratti
atipici, contratti a tempo determinato che impediscono di fare il benché minimo
progetto per il futuro... e nemmeno per il presente.
Tutelare famiglie e bambini non è mai stata esattamente una
priorità nell'agenda politica degli ultimi anni: nel 2009 la cifra destinata
alla protezione sociale per le famiglie e i minori ammontava all'1,4% del Pil,
quando nel resto d'Europa la media è del 2,3%. A farne le spese sono i servizi,
anche quelli di base: in Italia ne usufruiscono solo il 13,5% dei bambini di
età inferiore ai 3 anni quando l'obiettivo fissato dall'Europa parla del 33%.
Addirittura, in Campania, i bambini che accedono ai servizi sono il 2,4%,
praticamente 3 bambini su 100. Storia vecchia anche quella del contributo che i
maschi danno in casa per le faccende domestiche: il loro impegno, seppur in
crescita costante negli ultimi anni, si ferma a 1 ora e 53 minuti al giorno,
contro le 5 ore e 47 minuti delle loro coetanee femmine.
«La crisi non può e non deve essere un alibi per
non affrontare subito le difficoltà specifiche e i divari di genere che
ricadono sulle mamme e inevitabilmente sulla condizione dei loro figli, come
emerge chiaramente nei dati del dossier Mamme nella Crisi di Save the
Children», ha dichiarato Raffaela Milano, Direttore Programmi Italia-Europa di
Save the Children.
«Inserimento e permanenza delle mamme nel mondo del lavoro sono elementi
imprescindibili, perché non si può chiedere ad una donna di scegliere tra
lavoro e maternità come se fossero percorsi di vita inconciliabili. Il
rafforzamento della rete dei servizi di cura, poi, rappresenta non solo un
presupposto necessario per l’accesso al lavoro delle attuali o future mamme ma
anche una spinta allo sviluppo stesso dell’occupazione femminile. Perché si possa
determinare un vero cambiamento di rotta, bisogna tenere conto prima di tutto
delle aree specifiche di vulnerabilità che il dossier mette in evidenza, come
le mamme di origine straniera, quelle che vivono nelle regioni del sud e le
mamme sole con bambini, ma anche e forse soprattutto le giovani donne che si
affacciano oggi al mondo del lavoro in mezzo a mille difficoltà».