Riuniti al settimo piano dell’Ospedale
San Paolo di Milano un gruppo di esperti
è intento a guardare un video sul Pc.
In linguaggio specialistico, stanno utilizzando
la tecnica del video-feedback: valutano, grazie
al filmato, lo sviluppo della relazione tra una
mamma e il suo bebè. In pratica, si stanno occupando
con professionalità e umanità di una
ragazza del progetto “Accompagnamento alla
crescita per giovani madri e i loro bambini”,
un progetto accolto con entusiasmo dall’Ospedale
San Paolo cui partecipano la Fondazione
Cariplo, la Fav (Fondazione ambrosiana per la
vita), il dipartimento di Psicologia dell’Università
Milano Bicocca, col comune intento di sostenere
le mamme tra i 15 e i 21 anni.
Margherita Moioli è una psicomotricista
davvero materna. Accoglie le giovani ed è capace
di instaurare con loro un rapporto profondo
e costruttivo durante gli incontri: «Molte
delle ragazze hanno un passato difficile e,
pur con gravidanze fortemente volute, non
si rendono conto di ciò cui vanno incontro».
Spesso sono sole, stanche, con la Tv come
compagnia e un rapporto faticoso con la famiglia:
«Non le giudichiamo ma facciamo
emergere le capacità che già posseggono e
guidiamo lo sguardo sugli aspetti positivi del
legame con il bambino. Insegniamo loro a
sentirsi responsabili. La loro esistenza è in bilico.
Basta poco per spostare l’ago della bilancia
verso il male o verso il bene».
Continua Margherita Moioli: «Inizialmente
si fa fatica a farle partecipare, ma poi con
noi stanno bene. Parlano volentieri e accettano
i consigli. Hanno bisogno di stabilità, chiarezza
e, soprattutto, di dimenticare quanto
hanno appreso dalla vita, e cioè che è meglio
cavarsela da sole e non fidarsi degli altri».
La professoressa Cristina Riva Crugnola,
coordinatrice del progetto, psicologa e docente
presso l’Università Milano Bicocca, descrive
la situazione più diffusa: «Si tratta di ragazze
che hanno interrotto gli studi, senza lavoro se
non un’occupazione precaria e con situazioni
familiari problematiche o traumatiche alle
spalle. La loro sensibilità è diversa rispetto alle
donne adulte e vanno aiutate a creare un rapporto
positivo col bambino. Tendono a vederlo
più grande di quel che è, faticando a considerare
il suo bisogno di cure».
“Due minori a rischio” è lo slogan del progetto:
«I loro figli sono voluti ma questo significa
anche che si tratta di gravidanze
compensatorie di una vita difficile, di un
senso di vuoto, e quindi più a rischio. Noi cerchiamo
di educarle alla sensibilizzazione e
all’attaccamento».
Giusi Sellitto è la neuropsichiatra che segue
queste ragazze, ancora in crescita anche
dal punto di vista fisico, durante la gestazione:
«Quando sono così giovani, hanno un desiderio
di gravidanza assai più forte di quello materno.
Con la loro pancia si sentono adulte, ma
poi fanno fatica a seguire i consigli medici, a
cambiare gli stili di vita o fare delle rinunce».
Il responsabile del progetto, Alessandro Albizzati,
neuropsichiatra infantile, unico e prezioso
sguardo maschile del gruppo, racconta
che in Italia le gravidanze adolescenziali non
rappresentano un fenomeno importante come
in Usa o Gran Bretagna: «Tuttavia, quando
è iniziato questo progetto, 3-4 anni fa, riguardava
un problema di nicchia che ora appare
in crescita. Queste gravidanze sono fortemente
legate a situazioni di grande povertà,
al momento poco presenti in Italia, dove regge
ancora e fa da prevenzione una rete di aiuti
provenienti anche dall’associazionismo».
Le ragazze spesso sono molto sole, i padri
dei bambini sono inesistenti o lo diventano in
breve tempo, e senza amici, poiché il rapporto
con i coetanei è per loro davvero difficile: «Per
questo sarebbe importante che oltre a un sostegno
professionale trovassero anche una rete
di relazioni e contatti umani vantaggiosi».