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sabato 05 ottobre 2024
 
 

Ragion di Stato? Meglio la "Ragion di Chiesa"

25/04/2015  Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, illustra la visione del mondo "aperto" e della teologia di Papa Francesco, nella Lectio Magistralis della Facoltà teologica del Triveneto a Padova

Una Chiesa aperta in un “mondo aperto”. Una Chiesa che ha scelto il dialogo che non esclude nessuno, come “strumento di misericordia”.  Un mondo “multipolare” , non più diviso tra Est ed Ovest, o tra Nord e Sud, “ma piuttosto in una realtà multipolare, dove le differenze non sono scomparse”.  Sono i tratti salienti della visione del mondo e della teologia di Papa Francesco, descritti nella Lectio magistralis  tenutasi dal cardinal Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, alla Facoltà di Teologia del Triveneto a Padova nell’occasione del Dies Academicus.

La lettura di Bergoglio della società attuale e della missione della Chiesa, nella sintesi del porporato, è articolata,  “critica”, ma non dimentica mai di essere “costruttiva”. La necessità del dialogo col mondo, richiamato dal Papa fin dall’inizio del suo pontificato, non è “legata a un’idea o a una teoria”,  ma viene dal mondo reale, dalla quotidianità delle persone”, metodo che deve appartenere anche alla ricerca teologica. 

 Ma al dialogo, nella visione del Pontefice,  si deve affiancare la “solidarietà”,  perché in una società dove le differenze  economiche sono evidenti e stridenti, essa è la sola “garanzia di una umanità che è alla ricerca di una reale giustizia e di un maggior benessere”, ma che “non può dimenticare  gli ultimi, né abbandonare coloro che non  riescono a mantenere  i ritmi i un’efficienza spesso esasperata”.  Da qui il richiamo di Bergoglio, rievocato dalle parole del Segretario di Stato, all’integrazione europea come “veicolo di solidarietà”, prima che di unione di interessi economici-finanziari.    In questo contesto non sfugge a Papa Francesco quanto  sia drammatica  la realtà delle nuove migrazioni. Ma anche qui la risposta non può che essere  “un cambio di atteggiamento” nei confronti di questa umanità dolente, “per passare dal disinteresse e dalla paura ad una sincera accettazione dell’altro”. La visione di Papa Franceco sul “mondo aperto”, aggiunge Parolin, è così applicata al nostro rapporto con l’immigrato.  Da qui il concetto di umanità tanto caro al papa, come di una grande “famiglia”, “comunità aperta in cui c’è spazio per tutti, poveri e ricchi, vicini e lontani”.

Al tema della solidarietà, nel pensiero di Bergoglio, è sempre collegato quello della pace, “in continuità con la riflessione sviluppata da San Giovanni XXIII, in particolare con la Pacem in Terris  e, qualche anno più tardi,  dal Beato Paolo VI con la Populorum Progressio” . Papa Francesco, viene ricordato nella Lectio, inserisce però  due elementi nuovi di riflessione sul tema:  l’individuazione dell’indifferenza come causa remota dei conflitti, e l’esistenza nell’oggi  di un “guerra combattuta a pezzi, con crimini, massacri, distruzioni”. Da qui la convinzione  della necessità di una nuova collaborazione sociale ed economica, che sappia far fronte al mondo globalizzato, mantenendo vivo quel senso di solidarietà  e carità reciproca”.

   Ne consegue  la considerazione che la vita sul pianeta non può semplicemente ruotare attorno a modelli di sviluppo più dinamici, che determinano “l’emarginazione dei più deboli e di quanti non sono in grado di  di rispondere alle aspettative del modello”. Il Vangelo  ha “una logica inversa”. Così le periferie, dice Parolin, “devono essere al centro delle  preoccupazioni dei Paesi protagonisti del sistema internazionale”.

   L’intervento di Parolin s’è poi soffermato sul pericolo dei nuovi fondamentalismi e le attuali minacce che vengono da diverse parti del mondo, Africa e Medio Oriente in particolare. La Chiesa  non può che rispondere ‘no’ alla logica dei “muri” contrapposti. “Se i governi attuano quella che è chiamata ‘la ragion di Stato’, esercitando un hard power attraverso la potenza economica finanziaria e le armi, la Santa Sede risponde con una ‘ragion di Chiesa’, mediante un soft power fatto di convinzioni e comportamenti esemplari”. Quindi, in primis,   dovrà operare tramite l’azione diplomatica, per creare più giustizia, prima condizione della pace.

   Sulla questione cruciale del fondamentalismo jihadista, il  cardinale  non glissa, ricordando i motivi per i quali il Papa è stato indotto “a chiedere che fosse fermata l’avanzata delle forze del cosiddetto Califfato del Nord della Siria”. E’ ancor più urgente, però, capire, si chiede Parolin, “cosa abbia spinto tanti giovani europei a partire alla volta della Siria per unirsi a quanti  combattono usurpando il nome di Dio. La risposta a questo  interrogativo potrebbe essere l'azione militare degli Stati  e l'invio di truppe a combattere contro di loro”. Ma ci vuole una “risposta a lungo termine” capace di colmare questo vuoto d’anima, “questa solitudine percepita da molti giovani nei loro Paesi europei”. Ma al di là della denuncia   degli ostacoli e dei nuovi muri eretti dai fondamentalismi, diventa sempre più necessario il dialogo interreligioso con l’Islam, portato avanti  pero in “clima di rispetto e fiducia reciproca”.

 
 
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