Pietro e Francesco sono due
fratelli che si detestano. Il primo
è un chirurgo affermato
e cinico, che ha deluso la moglie
fino a portarla al divorzio.
Il secondo è uno stunt
man che sfugge a ogni responsabilità
e cambia le donne
come calzini. Ma un incidente riporterà
Pietro al livello mentale di un bambino
e Francesco dovrà fargli da tutore:
ne nasce un gioco degli equivoci che impronta
di comicità tutto il film Fratelli
unici.
Se aggiungiamo che la commedia
sentimentale ha come protagonisti i
belli quanto ironici Raoul Bova (Pietro)
e Luca Argentero (Francesco), è prevedibile
che molte spettatrici sbatteranno
le ciglia non solo per le storie d’amore
che li riguardano nel film (rispettivamente
con i personaggi interpretati da
Carolina Crescentini e Miriam Leone),
ma anche per il fascino intrinseco dei
due attori. I quali si sono ritrovati per
la prima volta a recitare insieme.
«È stato molto stimolante, ci siamo
aiutati a trovare le battute», commenta
Bova. «Credo che la simpatia che c’era
tra noi emerga anche nel film». Argentero:
«I meriti professionali di Raoul li
conoscevo già, ma sul piano umano
non solo ho scoperto una persona educata,
responsabile, gentile, ma anche
un uomo di straordinaria sensibilità».
Raoul Bova, Luca Argentero, come
descrivereste i vostri personaggi?
Bova: «All’inizio Pietro è egoista e lascia
poco spazio ai sentimenti. Ma dopo
un incidente diventa un quarantenne
che si comporta come un bambino di
cinque anni, dimostra un romanticismo
puro e sognatore. Come prima cosa,
chiede a Francesco di raccontargli
una favola. Anche se come tutore, il fratello
scapestrato interpretato da Luca
inizia a fargli da fratello maggiore e un
po’ alla volta nasce tra loro un rapporto
nuovo e bello, nel quale riscoprono i
sentimenti e quanto di meglio hanno
dentro di sé».
Argentero: «Francesco invece ha un
rapporto pessimo con tutto ciò che è regole
e ordine, è uno sciupafemmine irresponsabile
e cialtrone. Mi è piaciuto
molto, perché in generale è divertente
interpretare qualcuno che non stimi
molto. Poi, la cosa bella del film è che
pian piano tutti i personaggi evolvono,
soprattutto Pietro e Francesco, il quale
riuscirà a essere meno cialtrone e un
po’ più stimabile. Dopo l’incidente, Pietro
non solo perde la memoria cognitiva
e non sa più chi è o che lavoro fa, ma
perde proprio la memoria strumentale:
non sa a che cosa serva un bidet, per
esempio, io glielo devo spiegare e dal
gioco degli equivoci nasce tutta la parte
più da commedia. In questo strano e divertente
percorso insieme, però, affrontano
un’evoluzione sentimentale sia
nel loro rapporto di fratelli sia verso
l'amore in generale, con le due bellissime donne che aiutano a capire cosa significhi volersi bene».
I due protagonisti incarnano caratteristiche
degli uomini d’oggi?
Argentero: «Sicuramente sì: una certa
allergia alle responsabilità presente
in Francesco, per esempio. Non è un ragazzino,
ha 35 anni eppure vive come se
ne avesse 20. In ciò credo ci siano alcune
assonanze con questa generazione,
meno propensa alle responsabilità, alle
regole intese non come semplici regole
di vita, ma come canoni all’interno dei
quali condurre un’esistenza normale,
regolata, responsabile».
Bova: «Riguardo all’amore, il mio
personaggio ridiventato bambino è più
un romantico sognatore e quello di Luca
è più disilluso, uno che pensa che
l’amore fondamentalmente non esista.
Anche nella vita vedo che c’è chi continua
a essere romantico, a voler sempre
divertire e sorprendere sia sé stesso sia
la donna che ama. Tanti altri invece tendono
a mettere un po’ da parte il loro lato
romantico, forse perché non si fidano
e hanno paura, magari per esperienze
passate negative».
Voi avete fratelli maschi?
Bova: «No, ma ho due figli maschi e
lo vedo in loro, il rapporto tra fratelli: è
fatto di amore-odio, non possono stare
lontani l’uno dall’altro però poi litigano
piuttosto spesso. In maniera normale,
certo. Il loro bisticciare è anche un
modo per giocare, per stuzzicarsi, per attirare
l’attenzione l’uno dell’altro».
Argentero: «No, ma tra i miei amici
ce ne sono alcuni che considero veri fratelli.
Sono le persone che ti permettono
di dire esattamente quello che pensi e
diventano il tuo specchio. Sono gli unici
di cui mi fido e dei quali mi importa
l’opinione, quelli che hanno il coraggio
di avvertirmi se sbaglio. Credo sia anche
grazie a loro se ho conservato un
equilibrio sano nei confronti del lavoro
che faccio, della vita che vivo. Sono molto
grato ai miei amici».
Ma per uomini belli come voi, è
più difficile avere amici dello stesso
sesso?
Argentero: «I miei amici posso dire
di conoscerli da vent’anni e no, non è
mai scattata nessuna gelosia sulla bellezza.
Anche perché ho amici più belli
di me. Eh sì, facevamo la nostra figura,
da ragazzi. Però la facciamo ancora...».
Bova: «Non sono mai stato uno che
creava problemi di gelosia agli amici
maschi. Nel conquistare le donne erano
certamente più bravi loro di me, io ero
un po’ più lento. Era una questione più
che altro di timidezza, che magari mi faceva
dire la cosa sbagliata nel momento
sbagliato. Invece alcuni miei amici erano
molto più estroversi e secondo me
la risata è ciò che più di tutto fa colpo
su una donna».