(Nella foto sopra: un'immagine tratta dalla copertina della rivista San Francesco)
«Il Rapporto fotografa un mondo che sta tornando indietro». Sono le parole con le quali Gianni Rufini, direttore generale della sezione italiana di Amnesty International sintetizza il Rapporto annuale pubblicato dall’associazione Premio Nobel che si batte per la difesa dei diritti umani nel mondo.
Il mondo sta tornando indietro ai suoi anni peggiori, agli anni Trenta del Novecento, quelli che videro la nascita del nazismo e del fascismo. Ne è convinto Salil Shetty, l’attivista indiano segretario generale di Amnesty International: “Il 2016 è stato l’anno in cui il cinico uso della narrativa del ‘noi contro loro’, basata su demonizzazione, odio e paura, ha raggiunto livelli che non si vedevano dagli anni Trenta dello scorso secolo. Un numero elevato di politici sta rispondendo ai legittimi timori nel campo economico e nella sicurezza con una pericolosa e divisiva manipolazione delle politiche identitarie allo scopo di ottenere consenso”.
Nella sua denuncia Amnesty non resta nel vago, fa nomi e cognomi. “Da Trump a Orban, da Erdogan a Duterte, sempre più politici che si definiscono anti-sistema stanno brandendo un’agenda deleteria che perseguita, usa come capri espiatori e disumanizza interi gruppi di persone”, aggiunge Shetty. E Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia, fa i nomi di Matteo Salvini e Giorgia Meloni quando denuncia che l’Italia “non è esente dalle conseguenze dei veleni di politiche e retoriche divisive”.
Nel 2016, che Gianni Rufini definisce “un anno terribile”, Amnesty International ha documentato gravi violazioni dei diritti umani in 159 paesi. Le violazioni si ripetono nei teatri di guerra, in quei conflitti che la comunità internazionale non trova la volontà di risolvere: Siria, Yemen, Libia, Afghanistan, Repubblica Centrafricana, Burundi, Iraq, Sud Sudan e Sudan. Il Rapporto documenta crimini di guerra in almeno 23 paesi.
Vengono denunciate massicce repressioni in Cina, Egitto, Etiopia, India, Iran, Thailandia e Turchia. A proposito dell’Egitto, Amnesty ricorda che manca ancora la verità sulla tragica fine di Giulio Regeni e invita il governo italiano a mantenere freddi i rapporti con il Cairo fino a quando non ci saranno verità e giustizia per Regeni.
Nelle Filippine del presidente Duterte preoccupa l’ondata di esecuzioni extragiudiziali nei confronti dei decine di migliaia di persone sospettate di essere legate al traffico della droga. In Turchia lascia sgomenti la repressione attuata dal governo dopo il fallito colpo di stato.
Per tanto riguarda l’Italia, Amnesty fra l'altro sollecita l’approvazione della legge che introduce nell’ordinamento italiano il reato di tortura. In una lettera inviata al ministro della Giustizia Andrea Orlando, firmata anche dai presidenti di Antigone e di Cittadinanzattiva, Amnesty però ritiene inaccettabile il testo attualmente in discussione al Senato. I firmatari chiedono a Orlando di accantonare il testo attuale e di “valutare, invece, vie alternative”.
In questo quadro, Amnesty prevede nel 2017 un peggioramento delle crisi in corso. “Anche gli stati che un tempo sostenevano di difendere i diritti umani nel mondo adesso sono troppo occupati a violarli al loro interno per pensare a chiamare gli altri a risponderne”. Perciò serve l’impegno di tutti. Come dice Rufini: “ Le persone comuni hanno mostrato la compassione che manca ai loro leader”. È un impegno rischioso. Amnesty denuncia uccisioni di difensori dei diritti umani in 22 paesi. Ma nonostante queste difficoltà, Amnesty invita ad agire. “Il 2017 ha bisogno di eroi ed eroine dei diritti umani”, conclude Salil Shetty.
Il “Rapporto 2016-2017” è pubblicato da Infinito Edizioni.