Un'immagine di una delle sedi che ospitano i lavori dell'incontro "Mediterraneo, frontiera di pace".
Dai nostri inviati
«Siamo stati subito consapevoli dei limiti della nostra azione per la vastità e la complessità dei fattori in gioco nel Mediterraneo, ma ci ha guidati il senso della cattolicità della fede che apre nuovi spazi nei quali comunicano persone, gruppi e istituzioni, che altrimenti rimarrebbero isolati tra loro o sordi alle necessità del bene comune e dei popoli. Quale madre la Chiesa accoglie nel suo grembo, che è spazio di affetto familiare, le preoccupazioni dell’umanità, prendendo a cuore le sue gioie e le paure». Questo l’inizio dell’intervento di monsignor Antonino Raspanti, 60 anni, arcivescovo di Acireale e vicepresidente della Cei al meeting di Bari.
Anche lui, come Bassetti, rievoca La Pira e le parole che gli scrisse Martin Buber nel 1961, sottolineando il dovere impellente di tendere a «un consorzio comune umano»: «È necessario prima di tutto che gli uomini di buona volontà si parlino, come solo loro sanno fare e allora i popoli li seguiranno e i governi seguiranno i popoli ». Parole che rappresentano il vero e più profondo auspicio di questo evento nell’ottica di quell’ecologia integrale che impronta il pontificato di Francesco. Il punto di partenza ha detto Raspanti è proprio »l’ascolto/annuncio» il Vangelo, che «ci invita ad aprire nuovi spazi».
«L’ascolto comune del Vangelo ci ricorda che ogni riconciliazione è possibile grazie alla guarigione e alla salvezza procurate da Cristo», ha spiegato l’arcivescovo, ricordando le parole di Francesco proprio qui, a Bari, due anni fa, il 7 luglio 2018: «Sentiamo di doverci convertire ancora una volta al Vangelo, garanzia di autentica libertà, e di farlo con urgenza ora, nella notte del Medio Oriente in agonia. Come nella notte angosciosa del Getsemani, non saranno la fuga (cf. Mt 26,56) o la spada (cf. Mt 26,52) ad anticipare l’alba radiosa di Pasqua, ma il dono di sé a imitazione del Signore».
Fu proprio La Pira a indicare nel Congresso della Cultura del Mediterraneo di 60 anni fa, evento ispiratore di questo incontro, la «responsabilità capitale» di quest’aerea del mondo, ha ricordato Raspanti, il dovere di «definire di nuovo le norme di una Misura dove l’uomo lasciato al delirio e alla smisuratezza possa riconoscersi». «Intravediamo una meta, che ha a che vedere con il tesoro della Rivelazione», si chiede il presule, «quindi connessa al piano divino rivelato in Cristo e che coinciderebbe con quella responsabilità capitale intuita da La Pira? Non possiamo limitarci alla denuncia dei crimini e delle ingiustizie... Abbiamo il dovere di indicare come la strada nella quale il Mediterraneo è immesso sia connessa con il piano divino di salvezza in Cristo, quanto se ne allontani e dove Dio vuole che indirizziamo i nostri passi per rimanere fedeli a lui, Signore della storia.