Raul Castro con papa Francesco (Reuters).
Certo, a Raul Castro non manca il talento per il colpo di teatro. La frase pronunciata alla fine dell'incontro con papa Francesco ("Sono rimasto molto colpito dalla saggezza e modestia del Papa. Se continua così tornerò alla Chiesa cattolica. Io sono del partito comunista che non ha mai ammesso i credenti, anche se ora si sono fatti passi avanti"), giusto all'incrocio tra la battuta, l'ammirazione per l'ospite e l'autocritica, farà il giro del mondo e di tutte le prime pagine, e verrà ricordata a lungo.
Ma il senso della visita del leader cubano, e la sua importanza, ovviamente, non stanno in questo. Castro (come peraltro aveva già fatto Obama) ha reso omaggio al ruolo giocato dal Papa e dalla Santa Sede nel disgelo tra Usa e Cuba dopo mezzo secolo di tensioni e rancori. Quello di Castro è un omaggio di certo non rituale. Si ha anzi l'impressione che il leader cubano, con questa missione in Vaticano usata anche per definire e programmare il viaggio che papa Francesco farà sull'isola in settembre, abbia in qualche modo voluto mettersi "sotto l'ala" della diplomazia vaticana, nel momento forse più delicato della storia dell'isola.
Per quanto il regime cubano e i cubani stessi siano orgogliosi di aver resistito all'embargo americano per decenni, nessuno può nascondersi che la Cuba comunista, nata dalla rivoluzione di Che Guevara e Fidel Castro, è al definitivo tramonto. Fidel va verso i 90 anni, Raul ne ha 83, e dei vecchi rivoluzionari si è ormai persa la stirpe. Ed è piuttosto chiaro che i cubani sono comunque stanchi di chiusura e povertà.
Ma soprattutto, l'apertura dei rapporti tra un colosso come gli Usa e un piccolo Paese come Cuba, ben simboleggiata dalla re-inaugurazione, a luglio, dei trasporti marittimi e aerei, non potrà che risolversi a favore del colosso. Che è tale da ogni punto di vista: economico, tecnologico, politico... E' probabile che Barack Obama, almeno nei primi tempi, ci andrà con guanti di velluto. Il Presidente, infatti, vuole lasciare in eredità al prossimo candidato democratico per le presidenziali (cioè, a Hillary Clinton) un elettorato di origine latino-americana soddisfatto e sorridente per l'apertura, non irritato per una conquista. Ma nel medio e lungo periodo sarà di certo Cuba ad americanizzarsi, non certo il contrario.
Sembra quindi che Raul Castro, troppo esperto e smaliziato per non saperlo, cerchi nel Papa una sorta di "garante" per una transizione morbida, o almeno meno traumatica possibile. Papa Francesco, per parte sua, ha proseguito anche con questo incontro storico la sua missione di composizione dei conflitti e di protezione dei piccoli e dei poveri. Molto significativo il dono da lui fatto a Raul Castro, il medaglione di San Martino che copre il povero. "Un'intuizione di quello che dobbiamo fare", ha detto il Papa: "Dobbiamo coprire la miseria della gente e poi promuovere la gente".