Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
venerdì 15 novembre 2024
 
 

Razzismo, gli italiani denunciano

25/03/2011  Nel 2010 le segnalazioni risultano raddoppiate: sono state 766 contro le 373 del 2009. Lo afferma il Rapporto dell'Unar, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali.

Non si può dire che stia sgretolandosi, ma - certo - il muro di paura, ignoranza e sfiducia sta registrando le prime, vistose crepe . Elaborato dall’Iref (Istituto di ricerche educative e formative), il Rapporto 2010 dell'Unar, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, creato dal Governo, ha reso noto che l'anno scorso sono state complessivamente raccolte 766 segnalazioni: nel 2009 erano state 373. La tendenza all'aumento delle denunce è confermata dall'ulteriore incremento del 40 per cento che si è registrato dal primo gennaio al 14 marzo 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010. Dai dati risulta che  le vittime nel 63,4 per cento dei casi sono straniere: più uomini che donne, più adulti che giovani, la maggior parte operai o impiegati. E un 10 per cento di segnalazioni riguarda discriminazioni non razziali ma di genere oppure di orientamento sessuale o religioso.

Chi segnala gli atti di discriminazione? Ben 222 vittime e 108 testimoni nel 2010 si sono rivolti in prima persona all’Ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali (Unar), con una prevalenza di uomini tra i 35 e i 64 anni. E quasi una segnalazione su 4 (23,3 per cento delle vittime) riguarda persone straniere originarie dell’Europa orientale e dei Balcani, mentre quelle riguardanti immigrati nativi dell’Africa del Nord sono il 20,9 per cento. Se le vittime straniere sono il 63,4 per cento, mentre il 9,7 per cento è composto da persone di origine straniera che hanno la cittadinanza italiana, ben l’82,2 per cento dei testimoni di discriminazione è italiano.

Tracciando l'identikit di coloro che si sono rivolti all'Unar nel 2010 per segnalare discriminazioni, il Rapporto evidenzia come, sia tra le vittime che tra i testimoni, la maggioranza sia sposata (rispettivamente, il 50,8 per cento e il 48,1 per cento) e con un titolo di studio medio-alto: «Tra le vittime, il 40,6 per cento ha un diploma di scuola superiore, il 38 per cento ha avuto un percorso di studi di tipo universitario: i laureati sono il 32,1 per cento», anche se «la maggior parte delle vittime è impiegata come operaio (25,7%), mentre gli impiegati sono il 23,6%», fanno notare i ricercatori dell'Iref, commentando i dati. Tra i testimoni, sale la quota di coloro che svolgono lavori non manuali (42,2 per cento); molti anche i disoccupati (24,1%), soprattutto donne. 

Inoltre, se si considerano esclusivamente le segnalazioni delle vittime, tra gli uomini emerge «una prevalenza di casi di discriminazione diretta; invece tra le donne risulta più frequente «l’aggravante delle molestie (23,1 per cento)». Tra i giovani con meno di 35 anni, inoltre, è stata verificata «una prevalenza di discriminazioni relative all’erogazione di servizi da parte di enti pubblici (16 per cento), mentre tra gli adulti più numerose sono le discriminazioni relative al lavoro»: poco meno di una su 4. I cittadini stranieri, nel 26,3 per cento dei casi, hanno subito discriminazioni nell’accesso alla casa.

Infine, la maggioranza delle vittime ha una carta di soggiorno (53,9 per cento). E complessivamente «la propensione alla denuncia sembra interessare gli individui con una condizione giuridica che offre loro maggiori garanzie: scarsa è difatti la presenza di denunce fatte da persone con titoli di soggiorno temporanei», nota l'Iref nel Rapporto Unar 2010, precisando: «Anche il tempo di permanenza in Italia conferma che la propensione alla denuncia è maggiore tra le persone con una condizione sociale maggiormente stabile: le vittime, nella maggior parte dei casi, sono in Italia da più di 5 anni: da 6 a 10 anni il 35,3 per cento; da 11 a 20 anni il 33,5 per cento».

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo