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martedì 17 settembre 2024
 
Razzismo
 

Razzismo, la vergogna che abbiamo coltivato

27/01/2014  L'Olocausto è il nostro olocausto, non dovremmo mai dimenticarlo. E invece abbiamo permesso il risorgere di un razzismo prima strisciante e poi sempre più conclamato.

Le composte ma durissime reazioni dello Stato di Israele alla provocazione antisemita di Roma, dove tre teste di maiale sono state recapitate alla sinagoga, all'ambasciata dello Stato ebraico e al museo dov'è in corso una mostra sulla cultura ebraica, lo sdegno del presidente Napolitano e il generale senso di vergogna che almeno questa volta prende nel dirsi italiani, sono esattamente ciò che ci meritiamo.

Non tanto per l'accaduto: contro gli stupidi, in una società democratica, non c'è difesa. Ma per quanto gli sta intorno: questo sì dipende da noi.

L'olocausto degli ebrei non è stato l'unico olocausto della storia. La colonizzazione dell'America del Sud ha portato con sé l'olocausto delle civiltà locali: nelle sole miniere d'argento del Potosì furono sterminati, nell'era del colonialismo spagnolo, oltre 8 milioni di indios. Gli Stati Uniti d'America sono nati dall'olocausto degli indiani del Nord. Hanno avuto un olocausto i neri dell'Africa con lo schiavismo dell'Occidente cristiano e dell'Oriente musulmano. Gli armeni. Gli zingari. Gli ucraini sterminati con la fame dai sovietici all'inizio degli anni Trenta, tra i 3,5 e i 5 milioni di morti in quello che in Ucraina è chiamato "holodomor", appunto olocausto per fame. E molti altri popoli ancora: chi conosce la storia dello sterminio dei  "montagnard" da parte dei comunisti di  Cambogia e Vietnam?

Ma quello degli ebrei è il nostro Olocausto. E' l'Olocausto perpetrato dalla colta, civile, evoluta, benevola Europa. Ed è l'Olocausto programmato per essere "soluzione finale", cioè per arrivare alla programmata e completa estinzione di un intero popolo. Uno sterminio organizzato, figlio della seconda rivoluzione industriale, quella dell'automazione produttiva, esattamente come la prima guerra mondiale (quella che papa Benedetto XV definì "l'inutile strage") delle mitragliatrici e dei gas era figlia della prima rivoluzione industriale, della meccanizzazione della morte.

E' passato molto meno di un secolo e il ricordo, che avremmo dovuto conservare gelosamente, presso molti è già sfumato. Abbiamo fatto crescere nei nostri Paesi, i Paesi che praticarono l'olocausto o in qualche modo vi parteciparono, un razzismo prima strisciante e poi sempre più conclamato, esibito, travestito con le ragioni della difesa della patria e della tradizione. Un razzismo che prima si è esercitato con i bersagli facili, gli immigrati brutti-sporchi-cattivi-rubalavoro, ma che poi, com'è sempre successo nella storia, è tornato verso i suoi tradizionali obiettivi. E gli ebrei, si sa, sono tra quelli.

Non è un caso se in molte comunità ebraiche d'Europa (e quella italiana e quella francese lo hanno già detto a chiare lettere) cresce il disagio di vivere in quello che è e resta il loro Paese. Noi pensiamo che i loro timori siano forse eccessivi.  Ma il fatto stesso che il timore esista dovrebbe farci riflettere. A lungo.

 

 
 

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