La follia della guerra, l’indifferenza dell’umanità. «Su questo cimitero, aleggia il motto beffardo della guerra: "A me che importa?". Tutte queste persone, i cui resti riposano qui, avevano i loro progetti, i loro sogni…, ma le loro vite sono state spezzate. L’umanità ha detto: "A me che importa?"». Il Papa arriva al Sacrario di Redipuglia per commemorare le vittime della Prima guerra mondiale. Un momento di lutto, di memoria. Ma anche un’occasione per condannare, ancora una volta «la guerra come follia», e richiamare ciascuno alle sue responsabilità. Il Papa richiama l’ombra di Caino: «La guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione: volersi sviluppare mediante la distruzione!», dice il Papa.
E spiega: «La cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione al potere… sono motivi che spingono avanti la decisione bellica, e questi motivi sono spesso giustificati da un’ideologia; ma prima c’è la passione, c’è l’impulso distorto. L’ideologia è una giustificazione, e quando non c’è un’ideologia, c’è la risposta di Caino: "A me che importa?", “Sono forse io il custode di mio fratello?”.
La guerra non guarda in faccia a nessuno: vecchi, bambini, mamme, papà… "A me che importa?"». Piove in Friuli Venezia Giulia, piove sul Sacrario, piove su questi 32 scaloni che conservano le spoglie dei 40mila morti riconosciuti, mentre oltre 60mila sono rimasti senza nome. «Dopo aver contemplato la bellezza del paesaggio di tutta questa zona, dove uomini e donne lavorano portando avanti la loro famiglia, dove i bambini giocano e gli anziani sognano… trovandomi qui, in questo luogo, trovo da dire soltanto: la guerra è una follia», dice il Papa. E, oggi come allora, oggi che ci troviamo a vivere «una terza guerra combattuta "a pezzi", con crimini, massacri, distruzioni…», dobbiamo constatare che l’umanità continua a girarsi dall’altra parte. «A essere onesti», dice il Papa, «la prima pagina dei giornali dovrebbe avere come titolo: "A me che importa?".
Caino direbbe: “Sono forse io il custode di mio fratello?”». Ed è l’ombra di Caino che aleggia, dalla prima guerra mondiale fino ai giorni nostri: «Anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo?», si chiede papa Francesco. «È possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, e c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: "A me che importa?"». Il Papa aggiunge: «Con quel "A me che importa?" che hanno nel cuore gli affaristi della guerra, forse guadagnano tanto, ma il loro cuore corrotto ha perso la capacità di piangere. Quel "A me che importa?" impedisce di piangere. Caino non ha pianto. L’ombra di Caino ci ricopre oggi qui, in questo cimitero. Si vede qui. Si vede nella storia che va dal 1914 fino ai nostri giorni. E si vede anche nei nostri giorni». E chiede a tutti di convertirsi, di passare da quel "A me che importa?" al pianto. «E' proprio dei saggi riconoscere gli errori, provarne dolore, pentirsi, chiedere perdono e piangere».
Al termine della messa, con l'aiuto dell'ordinario militare mosnignor Santo Marcianò, il Papa ha consegnato agli ordinari militari presenti e ai vescovi, molti dei quali provenienti dai Paesi belligeranti della prima guerra mondiale, le lampade del Sacro convento di Assisi, le stesse consegnate anche ai leader religiosi convocati ad Assisi . Sulla base la scritta "dove sono le tenebre fa che io porti la luce". Ad alimentarle l'olio prodotto sui terreni di Sicilia e Puglia confiscati alle mafie dalle cooperative di Libera, di don Luigi Ciotti.
Al Papa sono stati regalati un altare da campo della prima guerra mondiale, il cappello piumato dei bersaglieri, da parte dei genitori di Giuseppe La Rosa, il militare itiliano ucciso l'8 giugno del 2013, e il foglio matricolare del nonno di papa Bergoglio, Giovanni, che ha combattutto sull'Isonzo.