Da oggi Reggio Calabria ha di nuovo un asilo nido comunale: l'asilo aziendale all'interno del Cedir (Centro direzionale), che aveva chiuso i battenti nell'autunno del 2013, ha riaperto le porte ai bambini. Per due anni nel capoluogo calabrese gli asili nido pubblici sono stati inesistenti: offerta pari a zero. Nel 2012 erano già state chiuse per inagibilità due strutture, quella di Archi e quella di Gebbione. L'anno seguente è toccato all'asilo del Cedir, anch'esso chiuso per mancanza di finanziamenti.
E comunque anche le tre strutture insieme riuscivano a garantire una copertura limitatissima, appena 145 posti per una popolazione di età inferiore ai 3 anni di circa cinquemila bambini. Vale a dire, un'offerta solo per il 2,8% dei bambini, a fronte del target stabilito dall'Unione europea che fissa a 33% il tasso dei piccoli fino a 3 anni che dovrebbero frequentare l'asilo nido.
Una situazione molto difficile, di enorme disagio, per tantissime famiglie reggine. Come quella di Daniele e Antonella Politi, 46 e 41 anni, entrambi architetti (lui lavora anche all'università nel settore delle relazioni internazionali), con tre bambini di 5, 3 anni e la terza di 2o mesi. «Per i due figli più grandi avevamo fatto riferimento all'asilo comunale del Cedir», racconta Daniele. «Rappresentava un'ottima opportunità qualitativa con un'organizzazione eccellente. Quando poi il Cedir ha chiuso, ci siamo rivolti gli asili privati, abbiamo fatto un'esperienza di un mese in una struttura, ma non abbiamo trovato offerte con standard adeguati». Un problema anche economico: «In un asilo privato spendevamo 450-500 euro al mese per entrambi i bimbi, nel comunale 160 euro. Molte famiglie, con più disponibilità economiche, si sono rivolte alle babysitter. Altre hanno i nonni che le aiutano. Io e mia moglie purtroppo no». Così, la scelta quasi obbligata: «Mia moglie, che lavorava con me nel nostro studio di architettura, ha dovuto sacrificare la sua professione per tornare a prendersi cura dei bambini e fare la mamma a tempo pieno. Siamo diventati una famiglia monoreddito, con tre figli da crescere».
Il caso emblematico di Reggio Calabria è stato denunciato dall'organizzazione umanitaria ActionAid, che ha raccolto il disagio delle tante famiglie reggine (e anche di altre città italiane), ha gennaio del 2014 ha lanciato la campagna#chiediamoasilo - di cui è stato testimonial l'attore Enrico Bertolino -, ha fondato un Comitato di genitori e membri di associazioni cittadine, promosso una petizione e avviato un'azione legale per chiedere alle istituzioni la riapertura degli asili nido pubblici. La campagna ha avuto i suoi effetti. La riattivazione dell'asilo aziendale Cedir da settembre 2015 è un primo fondamentale passo di un percorso che si profila ancora lungo. Nel 2012 il Comune di Reggio ha ridotto del 28% le spese per gli asili nido e i servizi per l'infanzia, con ricadute pesantissime sulle famiglie, in particolare sulle donne, in un regione, la Calabria, dove il tasso di occupazione femminile (26,6%) è il più basso d'Italia.
La situazione di Reggio riflette una criticità a livello nazionale. L'Italia spende appena lo 0,2% del Pil per la cura dell'infanzia: la metà della media dei Paesi Ocse (0,4%). Quanto alla presa in carico dei servizi pubblici alla prima infanzia e alla ripartizione tra spese dei Comuni e spese sostenute dalle famiglie, si manifesta una grande diversità fra le regioni italiane. La Calabria è la regione con il tasso più basso di presa in carico dei Comuni (2,1%) contro una media nazionale del 13,5%, che risulta in ogni caso bassa rispetto all'obiettivo europeo del 33%.
La regione più virtuosa in questo senso risulta l'Emilia Romagna. Nel Nord, la maglia rosa va alla Lombardia, seguita da Piemonte e Liguria. Gli asili nido comunali assorbono una spesa media annua per bambino di quasi 7.500 euro da parte dei Comuni. In media ogni anno le famiglie spendono quasi 1.800 euro per gli asili nido.
L'asilo del Cedir ospiterà 25 bambini. Adesso la famiglia Politi sta pensando alla terza bambina, di 2o mesi: «Stiamo valutando se mandarla a questo asilo, ma ancora non lo sappiamo, perché nel frattempo ci siamo mossi verso altre soluzioni», spiega Politi. «Le famiglie reggine non sono più abituate a godere di certi servizi e a un certo punto non li cercano nemmeno più. Ci vorrà quindi del tempo per rieducare i cittadini a credere che esiste di nuovo un servizio pubblico, in situazione di normalità, gestito secondo certi standard qualitativi. La speranza è che questa riapertura sia duratura e che sia inserita in una progettualità e in una programmazione a lungo termine. Le istituzioni devono avere uno sguardo verso il futuro e riconquistare la fiducia delle famiglie».