Dissenteria, cancro allo stomaco, problemi polmonari, brucellosi, pressione alta, diabete sono malattie ben presenti in Afghanistan, che detiene anche il primato di essere uno dei 4 Paesi al mondo (insieme a Pakistan, India e Nigeria), dove la poliomelite è considerata endemica. Tuttavia, la situazione sanitaria nella regione ovest dell'Afghanistan sta migliorando. Nella provincia di Herat, l'80% della popolazione ha accesso all'assistenza sanitaria di base; nelle zone rurali, ci sono 102 centri sanitari.
C'è maggior attenzione alle donne in gravidanza, tanto che sono state formate 360 levatrici. Questa attenzione c'è anche a livello nazionale, infatti il ministero della Salute pubblica ha alle dipendenze 1.650 ostetriche professionali, il che ha contribuito a ridurre la mortalità infantile del 23%, salvando 80 mila neonati ogni anno.Sempre nella provincia di Herat, per una popolazione di circa 3 milioni di abitanti, operano 450 medici e 700 infermieri. La spesa pubblica assegnata al settore sanitario è poca cosa, il 4 per cento del bilancio nazionale.
Vengono in aiuto i donatori - Comunità europea, Banca Mondiale, Usaid -, con 9 milioni di dollari all'anno, di cui 5 vanno agli ospedali e 3 al settore amministrativo. A preoccupare maggiormente il dottor Gholam Saied Rashid, capo del Dipartimento Sanità di Herat, è l'alto numero di chi fa uso di droghe: circa 70 mila tossicodipendenti nella provincia di Herat, di cui l'8% nella sola città capoluogo (1,6 milioni in tutto l'Afghanistan, ovvero il 5,3 per cento della popolazione; un terzo sono donne, spesso costrette dai mariti, oppure che assumono eroina come “anestetico” a una vita senza prospettive, e bambini che, in ambienti ristretti, inalano i fumi dei genitori).
Se a livello nazionale, un nucleo familiare urbano su 10 ha almeno un componente che fa uso di droga, nella città di Herat questa percentuale sale a uno su cinque. E, come se non bastasse, il 18 per cento dei 70mila è affetto da Hiv. «La droga è un regalo che viene dall'Iran - dice il dottor Rashid -. Negli anni passati, la disoccupazione ha spinto molti afghani a cercare lavoro come operai in Iran e Pakistan, dove venivano incoraggiati all'uso di sostanze stupefacenti. Dal 2003, più di 50mila profughi, sono rientrati in Afghanistan tossicodipendenti. Oggi qui la droga ha gioco facile perché i prezzi sono popolari: meno di 5 euro al grammo». Prezzi bassi ma sufficienti a trascinare famiglie, già povere, nella miseria, senza contare che con l'uomo tossicodipendente aumenta la violenza domestica. Il carcere femminile di Herat è pieno di casi di donne scappate da casa perché malmenate da mariti in preda all'ira a seguito dell'uso di sostanze psicotrope.
I fondi messi a disposizione dal governo di Kabul per il trattamento dei tossicodipendenti ammontano a meno di 4 milioni di dollari l'anno, ai quali vanno aggiunti i circa 12 milioni della Comunità internazionale (dati del Bureau of International Narcotics and Law Enforcement Affairs del Dipartimento di Stato Usa). I centri di recupero sono tutti finanziati dall'Onu e da organizzazioni straniere. L'Afghanistan produce il 90 per cento dell'eroina mondiale, destinata soprattutto al mercato europeo e russo.
Le campagne di sostituzione del papavero con altre coltivazioni sono fallite, perché i guadagni derivanti dell'oppio sono decisamente maggiori (dalla produzione di oppio deriva fra il 4 e il 7 per cento del prodotto interno lordo). «La droga è perfino più distruttiva della guerra - mi disse Malalai Joya, ex parlamentare, espulsa per aver denunciato la presenza in parlamento di “criminali di guerra”, incontrata un paio d'anni fa in gran segreto, a Kabul -. Il denaro della droga nutre la corruzione e coinvolge tutti i livelli dello Stato. Molti di coloro che oggi siedono in parlamento, gestiscono direttamente il traffico nelle province che governano».
(Foto di copertina di Romina Gobbo)