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venerdì 11 ottobre 2024
 
 

Religiosi, allarme vecchiaia

21/11/2014  A Palazzo Civico, l'arcivescovo, monsignor Cesare Nosiglia, il Vicario episcopale per la vita religiosa, don Sabino Frigato, e il vicesindaco Elide Tisi presentano l'Anno della vita Consacrata (2015) e ribadiscono lo stretto rapporto tra religiosi e città, segno di un cristianesimo sociale sempre vivo.

Da sinistra: il vicesindaco di Torino, Elide Tisi, l'arcivescovo, monsignor Cesare Nosiglia, e don Sabino Frigato. La foto di Massimo Masone è tratta dal sito diocesano La Voce del tempo. La foto di copertina è dell'agenzia Reuters.
Da sinistra: il vicesindaco di Torino, Elide Tisi, l'arcivescovo, monsignor Cesare Nosiglia, e don Sabino Frigato. La foto di Massimo Masone è tratta dal sito diocesano La Voce del tempo. La foto di copertina è dell'agenzia Reuters.

«C'è una storia di continuità che lega il presente con i santi sociali dell'800. Non solo perché tuttora nella nostra terra fioriscono figure di santità, come fratel Luigi Bordino della congregazione del Cottolengo o suor Irene Stefani, missionaria della Consolata (entrambi prossimi alla beatificazione, ndr), ma anche perché le comunità religiose proseguono l'opera dei loro fondatori». Parla monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino. Il 2015, ormai alle porte, si annuncia anno speciale per molte ragioni. A cinquant'anni dal decreto Perfectae Caritatis del Concilio Vaticano II, papa Francesco chiede un'attenzione particolare per frati, suore e più in generale per tutte le forme di vita consacrata. Ma nel 2015 Torino sarà anche centro nevralgico del giubileo salesiano (200 anni dalla nascita di san Giovanni Bosco) e ospiterà una nuova ostensione della Sindone.

A questi appuntamenti la città e la sua Diocesi si preparano con una fotografia della vita religiosa: numeri che nascondono nomi e volti. Storie di servizio e solidarietà, spesso vissute nell'ombra e nel silenzio, come racconta don Sabino Frigato, vicario per la vita consacrata. Escludendo il clero diocesano, a Torino e dintorni vivono 3.248 religiosi (798 uomini e 2.450 donne). Colpisce la varietà di carismi: sono rappresentate ben 116 congregazioni, organizzate in 295 comunità. I monasteri, tutti femminili, sono 13 e ospitano 125 monache. Alle vocazioni più “tradizionali” si aggiungono altre realtà: ad esempio i 21 istituti secolari (costituiti da persone consacrate che però non vivono in comunità) o le 30 donne dell'Ordo Virginum (una particolare forma di consacrazione che non fa riferimento a una congregazione, ma direttamente al vescovo). Ci sono perfino 3 eremiti. Una presenza così radicata si può leggere anche attraverso le tante esperienze di servizio che nel tempo ha saputo generare.

A Torino, storica roccaforte salesiana, è centrale la presenza dei religiosi nel mondo della scuola (dalle elementari fino agli istituti superiori e alla formazione professionale). Spicca anche l'impegno a servizio degli ultimi, di tutte le “periferie esistenziali”, per dirla con papa Francesco. Impossibile non citare il Cottolengo, “città nella città” che include, tra l'altro, una mensa per i poveri, un ospedale, una casa di accoglienza per persone con gravi forme di disabilità fisica e psichica. Ma le esperienze sono tantissime, dal servizio in carcere all'impegno per le donne vittime di tratta. «Ci sono perfino alcuni religiosi – ricorda l'arcivescovo – che vivono la loro missione in un campo rom». Non va dimenticato, infine, che le opere religiose danno lavoro a 5.200 dipendenti, un numero da grande azienda.  Ecco allora che l'adesione intima al Vangelo diventa inevitabilmente anche impegno civile, specialmente in tempo di crisi. «L'idea stessa di sussidiarietà sancita dalla nostra Costituzione deve molto all'esempio e all'eredità dei santi sociali» ricorda il vicesindaco di Torino Elide Tisi.

Una nota dolente: l'età. Nel capoluogo piemontese, un po' come in tutta Europa, sempre più spesso gli istituti di donne e uomini consacrati stanno diventando comunità di persone anziane, con tutte le fatiche e le difficoltà che questo comporta. Tanto per fare un esempio, le religiose sotto i 40 anni sono 150, mentre le ultraottantenni sono ben 1.010. Non è così nei Paesi dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina, che ormai in alcuni casi stanno diventando terre di missione “al contrario”: attualmente più di 250 religiose presenti a Torino hanno origini straniere. Diversa la situazione delle vocazioni maschili che invece negli ultimi anni hanno registrato un lieve incremento, in controtendenza rispetto al passato. Di certo, però, la crisi rimane: «C'è anche un problema culturale – commenta monsignor Nosiglia – In tempi di estrema precarietà, dove tutto è diventato temporaneo, un sì definitivo e per sempre può spaventare».


 
 
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