Da sinistra: il vicesindaco di Torino, Elide Tisi, l'arcivescovo, monsignor Cesare Nosiglia, e don Sabino Frigato. La foto di Massimo Masone è tratta dal sito diocesano La Voce del tempo. La foto di copertina è dell'agenzia Reuters.
«C'è
una storia di continuità che lega il presente con i santi sociali
dell'800. Non solo perché tuttora nella nostra terra fioriscono
figure di santità, come fratel Luigi Bordino della congregazione del
Cottolengo o suor Irene Stefani, missionaria della Consolata
(entrambi prossimi alla beatificazione, ndr), ma anche perché le
comunità religiose proseguono l'opera dei loro fondatori». Parla
monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino. Il 2015, ormai alle
porte, si annuncia anno speciale per molte ragioni. A cinquant'anni
dal decreto Perfectae
Caritatis del
Concilio Vaticano II, papa Francesco chiede un'attenzione particolare
per frati, suore e più in generale per tutte le forme di vita
consacrata. Ma nel 2015 Torino sarà anche centro nevralgico del
giubileo salesiano (200 anni dalla nascita di san Giovanni Bosco) e
ospiterà una nuova ostensione della Sindone.
A questi appuntamenti
la città e la sua Diocesi si preparano con una fotografia della vita
religiosa: numeri che nascondono nomi e volti. Storie di servizio e
solidarietà, spesso vissute nell'ombra e nel silenzio, come racconta
don Sabino Frigato, vicario per la vita consacrata.
Escludendo
il clero diocesano, a Torino e dintorni vivono 3.248 religiosi (798
uomini e 2.450 donne). Colpisce la varietà di carismi: sono
rappresentate ben 116 congregazioni, organizzate in 295 comunità. I
monasteri, tutti femminili, sono 13 e ospitano 125 monache. Alle
vocazioni più “tradizionali” si aggiungono altre realtà: ad
esempio i 21 istituti secolari (costituiti da persone consacrate che
però non vivono in comunità) o le 30 donne dell'Ordo
Virginum (una
particolare forma di consacrazione che non fa riferimento a una
congregazione, ma direttamente al vescovo). Ci sono perfino 3
eremiti.
Una
presenza così radicata si può leggere anche attraverso le tante
esperienze di servizio che nel tempo ha saputo generare.
A Torino,
storica roccaforte salesiana, è centrale la presenza dei religiosi
nel mondo della scuola (dalle elementari fino agli istituti superiori
e alla formazione professionale). Spicca anche l'impegno a servizio
degli ultimi, di tutte le “periferie esistenziali”, per dirla con
papa Francesco. Impossibile non citare il Cottolengo, “città nella
città” che include, tra l'altro, una mensa per i poveri, un
ospedale, una casa di accoglienza per persone con gravi forme di
disabilità fisica e psichica. Ma le esperienze sono tantissime, dal
servizio in carcere all'impegno per le donne vittime di tratta. «Ci
sono perfino alcuni religiosi – ricorda l'arcivescovo – che
vivono la loro missione in un campo rom». Non va dimenticato,
infine, che le opere religiose danno lavoro a 5.200 dipendenti, un
numero da grande azienda. Ecco allora che l'adesione intima al
Vangelo diventa inevitabilmente anche impegno civile, specialmente in
tempo di crisi. «L'idea stessa di sussidiarietà sancita dalla
nostra Costituzione deve molto all'esempio e all'eredità dei santi
sociali» ricorda il vicesindaco di Torino Elide Tisi.
Una
nota dolente: l'età. Nel capoluogo piemontese, un po' come in tutta
Europa, sempre più spesso gli istituti di donne e uomini consacrati
stanno diventando comunità di persone anziane, con tutte le fatiche
e le difficoltà che questo comporta. Tanto per fare un esempio, le
religiose sotto i 40 anni sono 150, mentre le ultraottantenni sono
ben 1.010. Non è così nei Paesi dell'Africa, dell'Asia e
dell'America Latina, che ormai in alcuni casi stanno diventando terre
di missione “al contrario”: attualmente più di 250 religiose
presenti a Torino hanno origini straniere. Diversa la situazione
delle vocazioni maschili che invece negli ultimi anni hanno
registrato un lieve incremento, in controtendenza rispetto al
passato. Di certo, però, la crisi rimane: «C'è anche un problema
culturale – commenta monsignor Nosiglia – In tempi di estrema
precarietà, dove tutto è diventato temporaneo, un sì definitivo e
per sempre può spaventare».