Il vento delle europee continua a soffiare, come dimostra il sondaggio Demopolis per Famiglia Cristiana. Quasi un italiano su due sta con Matteo Renzi. Il Renzi premier. Il Renzi segretario del Pd. Piace evidentemente il piglio decisionista di questo (quasi) quarantenne, il suo iperattivismo, la verve fiorentina fatta di battute ma anche di pragmatismo. Piace il suo machiavellismo politico dimostrato in sede europea, i suoi riferimenti a un'Europa delle famiglie e non della burocrazia, i suoi inviti alla flessibilità nel considerare i conti pubblici. A Strasburgo, inaugurando il semestre, parla di "coraggio e orgoglio". Poi vedremo se tutto questo si tramuterà in provvedimenti concreti: fisco, lavoro, immigrazione. Ma per il momento gli italiani mostrano di avere fiducia. E naturalmente ormai legioni di politici, a sinistra ma anche a destra, continuano a salire sul carro, anzi sul cargo, del vincitore.
Il successo di Renzi sembra coincidere anche con un clima nuovo che il Paese non conosceva dal 2008. Gli indicatori della fiducia stanno risalendo, le imprese, soprattutto quelle dell'export, hanno ripreso a trainare l'economia, il Leviatano della speculazione internazionale sembra essersi placato, dopo la notte fonda del 2011 attraversata da Mario Monti. Nonostante la disoccupazione sia ai massimi storici e quella giovanile semplicemente devastante e inaccettabile, l'Italia sembra leggermente alzare la testa. E forse vede in questo ragazzo ipercinetico il simbolo delal risalita, si affida a lui per rivedere non solo la luce in fondo al tunnel ma una parziale schiarita.
Renzi dal canto suo sembra aver rafforzato questo suo piglio decisionista. A Palazzo Chigi c'è sempre di più un grande timoniere. Il Foglio scrive che "tende a fare tutto lui, delega il meno possibile, vuole l'ultima parola su qualsiasi cosa, non si fida praticamente di nessuno". I Consigli dei ministri sono brevissimi, poiché c'è poco da decidere. Renzi non propone, ma dispone. E nel Pd, di cui resta segretario, le cose non sono molto diverse. Se nel M5S decide la Rete, cioé Grillo e Casaleggio, nel Pd decide Matteo. Il suo ruolo al Nazareno, nonostante sia limitato dagli impegni governativi, non è affatto secondario. Anche in questa sede il "convitato di pietra" Renzi decide tutto, compresa la nomina di Matteo Orfini alla presidenza del partito. E già si parla di "giglio magico", ovvero di un ristretto gruppo di uomini e donne che avevano già condiviso la sua esperienza di sindaco di Firenze che godono della sua fiducia, da Luca Lotti a Maria Elena Boschi. L'enorme consenso, da governi democristiani della Prima Repubblica, di cui gode il grande timoniere, gli permettono di andare avanti su questioni controverse e impopolari. L'ultima è l'immunità per i nuovi senatori. Per il momento si va avanti così.