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domenica 26 marzo 2023
 
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ResQ, la seconda nave italiana nel Mediterraneo per salvare vite umane

29/07/2020  L'associazione, fondata a Milano, è espressione delle numerose anime della società civile e si pone l'obiettivo di sostenere tutte le attività di soccorso e salvataggio in mare, di chi sta per annegare e di chi rischia di essere riportare nei lager libici. Secondo l'Alto commissario dell'Unhcr Filippo Grandi, «un'iniziativa moralmente giusta e assolutamente indispensabile, cruciale nel panorama italiano».

(Foto Ansa: un barcone carico di migranti individuato al largo delle coste libiche)

La denuncia è partita dall’Organizzazione mondiale delle migrazioni: la notte scorsa la Guardia costiera libica, dopo aver intercettato in mare un’imbarcazione, durante le operazioni di sbarco a al-Khums, a est di Tripoli, ha aperto il fuoco contro alcuni migranti che volevano fuggire per evitare di essere portati in uno dei centri di detenzione dove probabilmente erano già stati rinchiusi prima della partenza e dove vengono perpetrate torture e atrocità. Nella sparatoria tre migranti sudanesi sono stati uccisi, altri quattro sono rimasti feriti. L’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati in una nota ha chiesto “un’indagine urgente” sulla sparatoria. «Questo incidente sottolinea fortemente che la Libia non è un porto sicuro per lo sbarco», ha dichiarato Vincent Cochetel, inviato speciale dell'Unhcr per la situazione nel Mediterraneo centrale.

Nei primi sette mesi del 2020 i migranti riportati in Libia dalla Guardia costiera libica sono più di 6.500. Nel 2020 gli annegamenti sulla rotta mediterranea centrale (dalla Libia verso le coste italiane) sono stati finora 101 e 168 i migranti dispersi, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale delle migrazioni.

«Mi sembra quasi immorale che ancora discutiamo se sia giusto salvare o non salvare vite umane. Da ogni punto di vista salvare è un obbligo e per metterlo in atto abbiamo bisogno della società civile, perché gli Stati non si sono dimostrati all’altezza». Così si è espresso Filippo Grandi, Alto commissario dell’Unhcr, intervenuto alla conferenza stampa di presentazione dell’associazione ResQ-People Saving People, fondata alcuni mesi fa a Milano con lo scopo di sostenere e promuovere tutte le attività di soccorso e salvataggio in mare, facendosi carico della presenza e gestione nel Mediterraneo centrale, nel braccio di mare che separa l’Italia dalla Libia, di una seconda nave italiana, dopo quella di Mediterranea, per contribuire a salvare le vite sia di chi sta per annegare, sia di rischia di essere riportato nei lager libici. Un’iniziativa portata avanti da un gruppo di professionisti di diversi settori, che Grandi appoggia con convinzione e che ha definito «moralmente giusta e assolutamente indispensabile». L’Alto Commissario ha continuato: «Mi sembra importante che l’abbiate presa adesso, ed è cruciale nel panorama italiano». 

Grandi ha poi ricordato che, a dispetto di chi continua a parlare di invasione, degli oltre 80 milioni di rifugiati e sfollati nel mondo, «il 90% si trova in Paesi non europei, in genere con scarse risorse. La percentuale di chi arriva da noi in Europa e Italia è bassissima. L’Uganda solo qualche giorno fa ha aperto le frontiere a migliaia e migliaia di profughi dal Congo. Eppure si tratta di un Paese povero e con il problema dell’epidemia del Covid-19 in crescita. I flussi verso Paesi ricchi ancora molto gestibili».

L’associazione ResQ è nata grazie a una decina di soci fondatori e conta al momento 130 membri, espressione della società civile, senza alcuna sigla. Tra i soci, ha spiegato Sara Zambotti, antropologa, giornalista e cofondatrice di ResQ, «ci sono avvocati, operatori umanitari, assistenti sociali, educatori, persone che non lavorano nell’ambito ma hanno scelto di farne parte. E poi, un missionario, un operaio, uno studente, molti giornalisti, piscologi, architetti, un medico rianimatore». Persone con background differenti che si riconoscono nel valore della dignità di ogni vita umana, senza alcuna distinzione, come ha sottolineato Gherardo Colombo, presidente onorario dell’associazione: «La Costituzione del nostro Paese è molto inclusiva ed esclude ogni forma di discriminazione. Inoltre, l’articolo 32 afferma che la Repubblica tutela la salute di tutti, senza distinzioni. L’obiettivo di ResQ è assolutamente neutro: salvare chiunque stia per annegare, indipendentemente dalle sue caratteristiche personali».

Per mettere in mare, sostenere a livello logistico una nave con il suo equipaggio, servono fondi: ResQ ha lanciato una campagna di crowdfunding attraverso il suo sito www.resq.it e conta che la società civile si mobiliti nei prossimi mesi e che il numero dei membri dell’associazione si allarghi. «Noi speriamo di attivarci quanto prima», ha spiegato Luciano Scalettari, giornalista di Famiglia Cristiana e presidente di ResQ. «Ma questo dipende dalla società civile italiana. Quando avremo la nave saremo gli ulltimi arrivati in mare. Siamo già in contatto con Mediterranea, ma anche con Sea Watch, Sea Eye, Opena Arms. Chiediamo aiuto a loro per realizzare concretamente le cose, capire cosa fare quando ci si trova di frontre a una barca che affonda piena di gente impaurita. Alcuni ci chiedono: perché una nave in più? Perché c’è bisogno e speriamo che di progetti come il nostro ne nascano altri. Non possiamo continuare a permettere che quel tratto di mare resti un deserto. Cercheremo di essere una nave di tutti gli italiani che non accettano più questo stato di cose, una nave di tutte le espressioni religiose, e anche non religiose. Ricordiamo che il primo viaggio di papa Francesco, una volta eletto, è stato a Lampedusa». E ha aggiunto: «Chi parte da condizioni di vita insostenibili partirà comunque. E a quel punto o troverà qualcuno che lo salva, o annegherà in mare».

 
 
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