Vittorio Arrigoni, l'attivista filo-palestinese italiano rapito e ucciso il 14 aprile a Gaza city.
«Restiamo umani». Chiudeva ogni reportage, video, o collegamento audio così, con quello che era diventato il suo saluto. Vittorio Arrigoni, semplicemente Vik per gli amici e per i lettori del blog, è stato sequestrato il 14 aprile a Gaza City da un gruppo di estremisti e giustiziato poche ore dopo. Da tre anni viveva a Gaza. Non vi era più uscito nel timore di poter rientrare, perché già in passato era stato più volte bloccato e rispedito indietro dalle autorità israeliane.
Vittorio, 36 anni, faceva parte di International Solidarity Movement (Ism), un’organizzazione che si propone di fare interposizione non violenta fra l’esercito israeliano e i civili di Gaza. Gli attivisti dell’Ism si pongono di fatto come scudi umani a protezione dei contadini, dei lavoratori e dei pescatori palestinesi per proteggerli dalle aggressioni dei soldati israeliani, specie lungo i confini della Striscia di Gaza.
Vittorio faceva questo da tre anni, documentando puntigliosamente con la telecamera le intimidazioni e le violenze subite dai civili (molti video sono disponibili su YouTube). Per questa sua attività era stato ferito e per due volte arrestato e picchiato dai militari israeliani. All’epoca dell’ultimo attacco israeliano a Gaza, l’“Operazione Piombo fuso”, Arrigoni aveva raccontato giorno per giorno quanto stava accadendo in una serie di reportage pubblicati da il Manifesto, e raccolti poi nel libro intitolato “Restiamo umani”.
Il rapimento (annunciato attraverso un filmato dove si vede Vittorio bendato, insanguinato e pieno di lividi) e l’omicidio, però, sono stati rivendicati dalla “Brigata Mohammed Bin Moslama”, gruppo estremista islamico vicino ad Al Qaeda.
Molte le reazioni alla notizia dell’assassinio. Specie dal mondo cattolico, non violento e pacifista. «L’assurda e atroce uccisione di Vittorio Arrigoni ci lascia sgomenti», dice Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace. «Per alcuni era un pazzo, per altri un estremista, per altri ancora un eroe, un sognatore, un idealista. Per noi era un uomo buono e generoso. Di fronte alla guerra e all’ingiustizia che sta violentando il mondo, Vittorio Arrigoni aveva messo in gioco la sua vita e l’ha persa. L’aveva fatto per reagire alla tanta, troppa indifferenza che circonda tante tragedie umane come quella dei palestinesi di Gaza. L’aveva fatto per rompere il silenzio complice di tanta informazione e “l'imperdonabile assopimento della coscienza civile”. È amaro dirlo oggi ma mentre Vittorio ha perso la sua vita in un giorno, molti altri, prigionieri del cinismo e dell’egoismo, la perdono tutti i giorni».
«Nessuno si permetta di utilizzare il suo assassinio per spargere altro odio e altra violenza contro questo o contro quello», aggiunge Lotti. «Vittorio non ha mai voluto far del male a nessuno. Nessuno strumentalizzi la sua morte. Con Vittorio si spenge una voce. Una voce chiara, sincera e diretta. Facciamo in modo che non si spenga anche la voce degli oltre 750.000 bambini che vivono prigionieri della Striscia di Gaza insieme ai loro genitori. Prima ci pensava Vittorio, ora ci dobbiamo pensare noi». E proprio a Vittorio Arrigoni la Tavola della Pace ha deciso di dedicare il 29° Seminario nazionale, la “tre giorni", che si apre il 15 aprile, ad Assisi.
Anche Pax Christi è intervenuta con un comunicato: «Anche a noi di Pax Christi mancherà la tua “bocca-scucita” che irrompeva in sala, al telefono, quando, durante qualche incontro qui in Italia, nelle città e nelle parrocchie dove si ha ancora il coraggio di raccontare l'occupazione della Palestina e l'inferno di Gaza, denunciavi e ripetevi: “restiamo umani!” Tu quell'inferno lo raccontavi con la tua vita. 24 ore su 24. Perché eri lì. E vedevi, sentivi, vivevi con loro. Vedevi crimini che a noi nessuno raccontava. E restavi con loro», scrive Don Nandino Capovilla, coordinatore nazionale di Pax Christi Italia. «Abbracciamo Maria Elena, la tua famiglia e vorremmo sussurrare loro che la tua è stata una vita piena perché donata ai fratelli e che tutto l'amore che hai saputo testimoniare rimarrà saldo e forte come la voglia di vivere dei bambini di Gaza. Ci inchiniamo a te, Vittorio. Ora sappiamo che i martiri sono purtroppo e semplicemente quelli che non smettono di amare mai, costi quel che costi».
Don Capovilla ricorda la motivazione che Vittorio ripeteva riguardo alla sua scelta di rimanere a Gaza nonostante tutti i rischi: “Non ce ne andiamo, perché riteniamo essenziale la nostra presenza di testimoni oculari dei crimini contro l’inerme popolazione civile ora per ora, minuto per minuto”.
Eugenio Melandri, coordinatore di “Chiama l’Africa”, sottolinea che «Vittorio ci ha insegnato e trasmesso la passione per i più sfruttati, per le situazioni dove i diritti umani sono calpestati. Non solo in Palestina. Vittorio è stato fra gli osservatori alle elezioni nella Repubblica democratica del Congo. Quasi volesse sempre scendere nei buchi più disumani della storia. Per raccontare, certo, ma soprattutto per stare accanto, per vivere concretamente la solidarietà».
«Mi pare», conclude, «che debba essere annoverato fra coloro che, pur di difendere sempre e comunque i diritti offesi, è stato disposto a donare la vita».