Proteggere l'Amazzonia. Come già aveva detto il Celam ad Aparecida nel 2007 e ocme ha ribadito, durante la Gmg di Rio nel 2013 papa Francesco. L'obiettivo del Repam è chiaro. La Rete ecclesiale panamazzonica, nata a settembre 2014, da un incontro a Brasilia tra vescovi della regione amazzonica, sacerdoti, missionari, laici, rappresentanti delle Caritas e delle organizzazioni cattoliche locali, nonché il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pac, punta alla custodia di uno degli ultimi polmoni della Terra, minacciato dalla deforestazione e dallo sfruttamento disordinato delle risorse.
«Bisogna lavorare insieme», ha spiegato presentando la Rete in sala stampa vaticana Mauricio López, segretario esecutivo della Repam, «non possiamo permetterci il lusso di lavorare frammentariamente. Se questa sfida riesce realmente a raggiungere il profondo del nostro cuore, la risposta deve essere congiunta nella Chiesa e anche con gli altri. Quindi è necessario anzitutto un consenso ecclesiale, che è ciò che la Repam vuole animare. Puntiamo alla promozione integrale della persona: i nostri progetti hanno affrontato tematiche primarie riguardanti l’ecologia, che a volte viene trattata come fosse una moda o qualcosa di passeggero. Dobbiamo pensare integralmente, perché la sfida è comune. Poi l’opzione preferenziale per i più poveri e gli esclusi, che Papa Francesco ha segnalato con forza; la difesa dei diritti umani, che ci coinvolge tutti, anche come società; e la riflessione profonda su una realtà che ha sì un’urgenza oggi per questo territorio, ma che ha anche un’urgenza futura, che riguarda tutte e tutti».
Dal canto suo, con un videomessaggio, il cardinale Cláudio Hummes, presidente della Commissione per l’Amazzonia della Conferenza Episcopale del Brasile, ha denunciato che «la deforestazione crescente e in atto da tanto tempo, i grandi progetti dell’agroalimentare, delle centrali idroelettriche, dell’estrazione di petrolio e di altre ricchezze minerali, le monocolture e il cambio climatico pongono sotto grave rischio l’ambiente naturale, la dignità e l’autodeterminazione della popolazione, in modo speciale degli indigeni e degli abitanti poveri sulla riva dei fiumi, dei ‘campesini’, degli afrodiscendenti e perfino degli abitanti poveri delle città locali. Perciò la Chiesa in Amazzonia vuole unirsi in rete per sommare gli sforzi, per incoraggiarsi reciprocamente e avere una voce profetica più significativa a livello internazionale, quando l’Amazzonia e la sua gente sono in questione».
In gioco c'è la vita di svariate comunità che, insieme, superano i 30 milioni di persone. «Esse sono minacciate dall'inquinamento, dal radicale e rapido cambiamento dell’ecosistema dal quale dipendono e dalla mancata tutela di fondamentali diritti umani», ha aggiunto il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace.
La vastità della regione amazzonica – sei milioni di km quadrati, che abbracciano Guyana, Suriname e Guyana Francese, Venezuela, Ecuador, Colombia, Bolivia, Perù, Brasile – impone un impegno nuovo. Per questo c'è bisogno anche di nuove strategie per la sua tutela. La Repam, pertanto, ha concluso monsignor Pedro Ricardo Barreto Jimeno, arcivescovo di Huancayo in Perù e presidente del Dipartimento giustizia e solidarietà del Consiglio episcopale latinoamericano, «è qualcosa che va al di là di una semplice rete digitale: è l’incontro fra persone diverse nell’ampio territorio amazzonico. La Repam è stata creata come risposta di Dio, organica e articolata, a questa necessità sentita e urgente di proteggere la vita delle persone, affinché vivano in armonia con la natura. C’è una vasta e variegata presenza di membri e gruppi della Chiesa, che sono stati e che sono presenti tuttora come agenti pastorali nella Panamazzonia. Riaffermiamo dalla Repam quello che dice Papa Francesco: la Chiesa non è presente in Amazzonia come coloro che hanno già pronte le valigie per andarsene, dopo averla sfruttata. Sin dal principio è presente con missionari, congregazioni religiose, vescovi, sacerdoti e laici e la sua presenza è fondamentale per il futuro della zona. Per questo la Rete Ecclesiale Panamazzonica è chiamata ad essere una vera esperienza di fraternità, una carovana solidale e un pellegrinaggio sacro per rispondere in modo efficace ed organico alle grida del popolo amazzonico presente e futuro».
In prima linea nella difesa della realtà amazzonica c'è la Caritas Internationalis, che col segretario generale Michel Roy invita a «spegnere i motori e fermarci». E a seguire con attenzione anche «il vertice di Parigi e gli impegni che gli Stati prenderanno per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, ricordando l’urgenza della tutela della Panamazzonia».