Può un sindaco violare la legge in nome della solidarietà e dell’accoglienza? La vicenda che vede coinvolto Mimmo Lucano, sindaco di Riace, il Comune della Locride divenuto simbolo dell’integrazione e ora sotto inchiesta, ruota intorno a questo dilemma. Il primo cittadino del Comune calabrese aveva messo a punto in dieci anni un sistema di accoglienza per profughi e richiedenti asilo che aveva rivitalizzato l’antico borgo. In sintesi venivano messi a disposizione, sfruttando anche i finanziamenti del ministero dell’Interno, i vecchi ruderi disabitati di proprietà dei riacesi dei primi anni del XX secolo e del Dopoguerra, emigrati nelle Americhe o in Europa e mai più rientrati. Non si contano i riconoscimenti nazionali e internazionali a Lucano e al “modello Riace”: Wim Wenders aveva girato un lungometraggio, Il Volo; papa Francesco aveva inviato un messaggio di incoraggiamento; la rivista Fortune lo aveva inserito tra i 50 uomini più influenti del mondo per sottolineare la bontà del suo modello; Beppe Fiorello ha pronta una fiction per la Rai, sospesa dopo l’apertura dell’inchiesta e in attesa di essere “sdoganata” dalla nuova direzione (anche se l’aria che tira in viale Mazzini, un’aria “gialloverde”, non sembra essere favorevole). Un’ispezione della Prefettura (poi risoltasi con l’elogio del sindaco e di un modello «importante per la Calabria») aveva fatto scattare come atto dovuto un’inchiesta della Procura di Locri che ha portato, la settimana scorsa, all’arresto del sindaco. Un caso che ha scosso l’Italia come non avveniva da anni, divisa tra innocentisti e colpevolisti.
Ci sono alcuni punti fermi e alcune ambiguità in questa vicenda. Prima di tutto il “sistema Riace” rimane. Anche perché Lucano l’aveva adottato da altri Comuni calabresi. Il progetto era stato infatti storicamente già messo in pratica da alcuni Comuni del circondario come Badolato, Caulonia, Monasterace e Stignano. Oggi lo applicano anche antichi borghi del Centro e dell’Alta Italia, come Cerveteri.
Un altro punto fermo è che Lucano non ha preso un centesimo per sé stesso. Lo dice senza mezzi termini l’ordinanza di arresto firmata dal giudice per le indagini preliminari Domenico Di Croce, che peraltro ha smontato e ribaltato in gran parte l’inchiesta della Procura di Locri sottolineando «la vaghezza e la genericità dei capi di imputazione». La Procura era partita dall’ipotesi di truffa, concussione e associazione per delinquere, mentre l’ordinanza dell’arresto parla di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e illeciti nell’assegnazione del servizio di raccolta dei rifiuti. Il sindaco avrebbe celebrato nozze combinate per conferire la cittadinanza a povere donne senza protezione o a rischio, che altrimenti avrebbero dovuto tornare nei Paesi d’origine.
L’ordinanza parla di «particolare spregiudicatezza di Lucano – nonostante il ruolo istituzionale rivestito – nell’organizzare veri e propri matrimoni di convenienza tra cittadini riacesi e donne straniere al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano».
È lo stesso magistrato, ovviamente dalla sua prospettiva, a riconoscere che “Mimì Capatosta”, come viene chiamato dai suoi concittadini il sindaco, è incurante della sua condotta illegale: «Il Lucano», scrive il giudice per le indagini preliminari, «che già sapeva di essere indagato, non faceva mistero neanche di fronte a persone estranee al suo entourage di trasgredire intenzionalmente quelle norme civili e amministrative delle quali proprio lui era in realtà tenuto per primo a garantire il rispetto. Per il perseguimento dei suoi scopi, poi, l’uomo non risparmiava il ricorso a condotte non solo penalmente, ma anche moralmente riprovevoli (per quanto, dal suo punto di vista, finalizzate a garantire a soggetti svantaggiati la possibilità di permanere in Italia o di raggiungere il Paese, per qui godere di un migliore regime di vita)».
Il primo cittadino riacese ha rivendicato orgogliosamente la sua volontà di violare le norme in nome del diritto d’asilo sancito dalla Costituzione: «Mi hanno messo agli arresti per reato di umanità», ha commentato dopo il provvedimento dei domiciliari. Tutto quello che ha fatto, insomma, lo avrebbe fatto per eccesso di solidarietà. Compresa la decisione di affidare il servizio di smaltimento dei rifiuti (che nel paese avviene mediante un servizio di asinelli) a delle cooperative locali, con chiamata diretta, in spregio al Codice dei contratti pubblici che impone delle procedure di gara.
Si è parlato in questi giorni di “legge dell’amore” in contrasto con la “legge dello Stato”, evocando perfino Antigone, l’eroina della tragedia di Sofocle che va contro il volere del tiranno Creonte in nome della morale. Ma è stato anche detto che l’Italia è una democrazia e che il fine che giustifica i mezzi non è consentito, altrimenti qualunque sindaco si sentirebbe in diritto di interpretare le norme secondo i suoi convincimenti morali. Ora non resta che aspettare il giudizio definitivo, anche per capire quanto interpretabili sono le leggi che la procura imputa al sindaco di aver violato. Ma sotto accusa è Mimmo Lucano, non il modello di integrazione e solidarietà, che resta in piedi.